domenica 30 gennaio 2011

Hard Times and Nursery Rhymes Social Distortion (Epitaph Records 2010)













Ecco il  ritorno di Mike Ness e dei suoi Social Distorsion, sicuramente uno dei dischi più attesi di questo 2011, che arriva dopo sette anni dall'ultimo studio album, dopo svariate vicissitudini e cambi di line up, che hanno rallentato più volte la realizzazione di questo lavoro.
Infatti per meglio capire "Hard Times..." si deve partire proprio dalla fine, dalla concluisva Still Alive, che riassume la voglia di riscatto di Mike Ness, nonostante le sfighe, gli anni che pesano come macigni e la consapevolezza che la scena musicale cambia di continuo, ma la sua voglia di resistere c'è ed è ben salda (and the times have changed my friend/I'll be there to the bitter end/And I'm here to make my stand/with a guitar in my hand). Tra l altro questo è forse l'unico pezzo che sa di punk rock californiano, denominazione "Orange County Controllata", visto che oramai la svolta musicale dei SD li ha portati su lidi molto più rock e American Roots, anche se l'attitudine da borderline, quella,  beh non smetterà mai di esserci.
Analizzando il cd non posso che far notare alcuni momenti di calo, come  in Bakersfield o Writing on the Wall, pezzi che hanno un mood da ballata hair metal anni'80/90, ma il resto dell album è di gran livello e sicuramente l'iniziale California (dopo una breve intro strumentale degna di un film di Tarantino) fa rivivere l'immaginario delle highway americane, la polvere e l'asfalto rovente di chi le percorre per tornare a casa dove c'e sempre qualcuno che lo aspetta( so I hope when I return home/the locks ain't changed on the doors/and there's still a spot for me/on that Ol'california king sized bed).
Se nel singolo  Machine Gun Blues (bello tirato come i SD sanno fare) c'è sempre spazio per l'immaginario del gangster senza scrupoli che deve fare "lo sporco lavoro", il filo conduttore che lega le varie canzoni è appunto la ricerca della redenzione e del perdono, il fottuto outsider vuole solo tornarsene a casa e ritrovare la tranquillità che la vita gli ha sempre negato perchè All you need is a love/but inside there's a sparkle that light the stars above (Diamond in The Rough...Springsteen darà la sua benedizione qui!).
E per concludere questo viaggio nell'america più rurale e vintage, lontana dalle luci sgargianti dei Reality o di MTV, una cover, Alone and Forsaken, tratta dal repertorio di Hank Williams, che va a far compagnia alla mitica Ring of Fire di qualche anno fa e chiude il cerchio dei tributi ai grandi del country americano.
Tempi duri e filastrocche per bambini...Mike Ness è tornato e ha fatto centro un altra volta!

giovedì 27 gennaio 2011

Gigius SenzaBenza (MacGuffin Records 1993)












Ecco un oggetto di culto per chi ascoltava ( e ascolta ancora) punk rock nei primi anni'90 e arriva proprio dall'Italia, da latina per essere esatti.
I Senzabenza tre lustri orsono si guadagnarono una bella fetta di notorietà e crearono anche una bella scena, denominata Flower Punk Rock , grazie a concerti un pò ovunque, la benedizione di Joey Ramone in persona, ma soprattutto grazie anche a Gigius, il loro secondo album.
Chi scrive lo ha letteralmente consumato e ogni volta che lo mette nel lettore si esalta come se fosse la prima volta. E' imposibile trovare una canzone brutta, noiosa o sottotono e la lunghezza di questo album è notevole, ben 18 pezzi, da sgranocchiare tutti d'un fiato.
Dall'opener If You Go Away fino alla "punk lullaby" She and The Alien  è un susseguirsi di Ramones, Dickies, Hard Ons fino ad arrivare ai Beatles ( omaggiati per altro con Back in the USSR), con un pizzico di psichedelia che si rispecchia anche in alcuni testi come  Sid Barrett'appreciation Society, con citazioni pinkfloydiane in chiave umoristica.
Anche i suoni sono perfetti, puliti e con un tiro che da un punto in più alle canzoni, fattore da non sottovalutare, visto che la maggior parte dei gruppi all'epoca registrava davvero in "bassa fedeltà", un pò per scelta e  un pò per etica, diciamo professionale, mentre last but not least, faccio notare la cover e il booklet del cd, davvero divertente, a fumetti, chiaramente in "romanesco" con la traslazione in prosa più ricercata.
Insomma un capolavoro a tutti gli effetti che vi invito a cercare e ad ascoltare, per riscoprire le radici di una  scena davvero importante che si mosse all'interno dell' underground italiano più di quindici anni fa!
www.myspace.com/senzabenza
http://radiomolotov.blogspot.com/2010/01/senza-benza-gigius-1993.html  (download diretto del cd...ma poi compratelo cazzo!!!)

lunedì 24 gennaio 2011

American Slang The Gaslight Anthem (SideOneDummyRecords 2010)

Dove eravamo rimasti? Un disco che ha fatto il botto ed è diventato un classico, i teenager di una volta che diventano grandi e scoprono che ora le redini della vita sono nelle loro mani, la fuga dalla provincia americana, sempre troppo stretta per chi vuole osare, ma anche la realtà che ti si sbatte in faccia come una porta e ti fa cadere all'indietro.
Ma d'altronde è il prezzo da pagare per chi vuole andare oltre ed arrivare finalmente al Grande Sogno, la Metropoli where the action is! Un contraltare però popolato da "Regine dei Bassifondi",vite buttate( shame on you my love/you sold you youth away) solitudine e disperazione (I call for my father but my father had died/you told me fortunes in american slang) e la vita che ti si para davanti in tutta la sua crudezza (the fortunes came for the richer men/while we're left with gallows).
Ma i Gaslight Anthem sono determinati e vogliono andare avanti, ecco perchè con grande coraggio hanno deciso di scrollarsi di dosso l'eredità pesante di un disco come 59 Sounds e ripartire da zero, con un lavoro che al primo ascolto può sembrare anonimo, ma che via via che gli si da fiducia, cresce sempre di più e diventa irresistibile come la titletrack che apre il disco. Le sfuriate punk rock vengono relegate in  secondo piano ( anche se pezzi come Orphans, Boxer o The Spirit of Jazz non sono affatto delle seconde linee) in virtù di pezzi più variegati che si ispirano al loro nume tutelare Bruce Springsteen e al rock tradizionale americano, dove le chitarre iniziano a tessere trame più variegate rispetto ai riff quadrati del passato.
La voce di Brian Fallon graffia e se proprio nella sopracitata The Orphans traccia  l'ennesimo rabbioso ponte con il suo passato( goodbye circus wheel,may you rest along the sea/I have given to you the fire of my youth and the triumph over my enemeies) con la conclusiva We Did it When we were Young pone un sigillo e volta la pagina per sempre.
..But I'm older now and we did it when we were young....
http://www.thegaslightanthem.com/
www.myspace.com/thegaslightanthem
http://www.gaslightanthem-fans.de/  (Fansite tedesco)

sabato 22 gennaio 2011

Shake Your Money Maker The Black Crowes (American Recordings/Sony 1990)













Come iniziarono gli anni'90 musicalmente parlando? C'erano gli ultimi echi della NWOBHM, gli eccessi glam di Guns and Roses e Motley Crue, i Metallica non erano ancora rockstar e gli AC/DC riempivano le arene; il Grunge era ancora in fase embrionale.
Ecco in questo contesto si colloca un debutto assolutamente fuori dagli schemi: Shake Your Money Maker  dei Black Crowes,guidati dai fratelli Robinson from Atlanta, un ibrido bastardo che pesca a piene mani dalla tradizone  seventies di Led Zeppelin, Allmann Brothers,Aerosmith,dal rock and roll made in UK di Rolling Stones e Faces fino a sfociare nella pura tradizone blues, rhythm and blues e soul americano.
Ascoltando i solchi di questo disco, la cosa che più mi fa riflettere è la consapevolezza che i Nostri avevano dei loro mezzi, la voglia di spaccare e rischiare, come ad esempio coverizzare un pezzo di Otis Redding, cosi lontano dai cliches hard rock, ma Hard to Handle risulta dinamica ed esplosiva tanto da venir proposta come singolo apripista.
In effetti questo album fu una fucina di ottimi singoli, come la stonesiana Jealous Again o la drammatica She Talks to Angels, uno spaccato di emarginazione e solitudine, senza dimenticare gli echi soul di Sister Luck e Seeing Things, a mio avviso il vero Highlight di questo disco, con il tappeto di Hammond caldo ed avvolgente rafforzato da forti cori femminili.

Ad indicare la giusta strada ai Corvi è stato fondamentale l'operato di George Drakoulias in fase di produzione, anche lui all'esordio, che ha saputo plasmare e valorizzare il sound di questa band e che in seguito sarà sempre più presente nel lavori dei Black Crowes (cosi come in altri artisti vedi gli Aerosmith).
Da qui in poi la carriera dei Crowes sarà un continuo crescendo sia in termini di fama che di vendite che li porterà a calcare i palchi di mezzo mondo per oltre un ventennio, ma la freschezza di questo debutto rimane uno dei momenti più alti della loro storia.
www.myspace.com/theblackcrowes







mercoledì 19 gennaio 2011

Bad JuJu The Manges (TreAccordi Records 2010)




I The Manges sono una band ligure attiva sin dai primi anni'90,molto attiva dal punto di vista live, tanto che nel corso della carriera sono riusciti ad organizzare tour negli States ed in Canada, oltre ad aver girato mezza Europa con il loro punk rock veloce, diretto ma estremamente melodico.
Con Bad Juju sono giunti al terzo album (senza contare una miriade di singoli, split e partecipazioni a compilation varie) e la formula non cambia:i classici tre accordi di ramonica memoria, ritmiche serrate e linee melodiche e divertenti che non potranno che far subito presa sul pubblico.
L'inizio è col botto, introdotto dal più classico degli OneTwoThreeFour e via, mezz'ora da godere al massimo volume senza freni inibitori, anche perchè la titletrack è un gioiellino di pop-punk che non può lasciare indifferenti i fan di Ramones, Queers o Screeching  Weasel, quest'ultimi omaggiati con una cover, Back to the Training Camp; senza dimenticare che lo stesso Ben Weasel ha posto la firma su un paio di pezzi, mentre l'intero lavoro è stato prodotto e supervisionato da Joe Queer, praticamente i numi tutelari dell'ondata di punk rock revival che si scatenò verso la seconds metà degli anni'90.
Con queste premesse la godibilità di questo album è garantita, anche per via di un songwriting e di una esecuzione fresca e precisa che scorre via nella mezzoretta scarsa a disposizione!
Un consiglio: andate a vederveli dal vivo che spaccano!!!





lunedì 17 gennaio 2011

Greatest Hits Social Distorsion (Time Bomb Records 2007)














Sicuramente qualcuno storcerà il naso vedendo pubblicata la recensione di una raccolta, ma credo che per un neofita del genere o a chi voglia avvicinarsi ad una band, non ci sia niente di meglio che un Greatest Hits che dia una idea esaustiva del genere e della qualità dei pezzi, piuttosto che perdersi in sterminate discografie, ormai alla portata di tutti grazie al download o al filesharing selvaggio.
Per chi non li conoscesse i Social Distorsion sono una seminale punk rock band californiana guidati dal leader carismatico Mike Ness, un personaggio che ha fatto la storia di questo genere. Attivi fin dalla prima metà degli ann'80, hanno passato parecchie fasi nella loro carriera, costellata anche da drammatiche vicende come il carcere, la tossicodipendenza e le morti premature di diversi membri.
La raccolta in questione spazia dagli esordi infuocati fino alle loro ultime produzioni in studio, dove i SD correggono il tiro creando brani più elaborati e parecchio influenzati dalla musica country e roots americana, dando vita ad un sottogenere che verrà definito cowpunk. Per l'occasione la maggior parte dei brani viene riregistrata e vi è l'aggiunta di un inedito, Far Behind, che nulla aggiunge e nulla toglie alla loro discografia, ma che vede per la prima volta una line up stabile che si protrae fin ai giorni nostri.
Sicuiramente chi apprezza i SD avrà la propria scaletta dii pezzi preferiti, ma direi che come tracklist, questa raccolta è parecchio esaustiva, anche se qualche gioiello è stato ovviamente lasciato fuori.
Tra gli imprescindibili citerei le autobiografiche Story of My Life e Ball and Chain, retaggio del passato "maledetto" di Mike Ness, redento dopo i suoi trascorsi tra comunità e carcere, la meravigliosa Prison Bound con quella citazione  "...when Johnny says I walk the line.."  che rende omaggio a quel Johnny Cash fonte d'ispirazione per Ness, tanto che registrerà una cover incendiaria di Ring of Fire (qui presente e cavallo di battaglia nei live set!).
Con When the Angels Sing ci addentriamo in territori più rock oriented, una triste poesia urbana che va a chiudere l'ultimo atto temporale della carriera dei SD.
Sicuramente più avanti verranno analizzati i singoli capitoli della discografia della band californiana, cosi come i dischi solisti di Mike Ness, ma come start up direi che può bastare, sperando di incuriosirvi e di  spronarvi a ricercare i capitoli precedenti della band.

http://www.socialdistorsion.com/
www.myspace.com/socialdistorsion
www.facebook.com/socialdistorsion

domenica 16 gennaio 2011

The '59 Sounds The Gaslight Anthem (Side One Dummy 2008)













Si potrebbero riassumere questi 40 minuti con un solo aggettivo: stupendo! Ma The '59 Sounds merita molto di più, merita un attento ed approfondito ascolto, perchè a mio parere, siamo di fronte ad un futuro classico di questo primo decennio di secolo.
Partiamo dal New Jersey, una terra che ha già dato i natali ad un icona come Bruce Springsteen, che si è fatto subito da padrino per questi ragazzi  sbarbati e tatuati, dopo aver ascoltato questo album.
Parliamo della vita da provincia, del perenne inseguimento dell'american dream, della malinconia che permea tutte le tracce di questo disco,la gioventù spensierata fatta di " big cars and movies screen", amori intensi consumati nel sedile posteriore della macchina e cuori spezzati che tormentano l' animo...e sullo sfondo la  radio della nonna che continua a gracchiare quelle  vecchie e tristi canzoni che hanno fatto da colonna sonora a Brian Fallon e compagni.
Dodici tracce perennemente in bilico tra l' irruenza e l'ingenuita punk rock tanto cara ai primi Clash o ai Social Distorsion (Great Expectations, Meet me by the River's Edge, l'anthemica The Patient Ferris Wheel), l'introspezione di Miles Davis and The Cool o il sofferto blues di Even Cowgirl  ci regalano un lavoro stupendo, maturo e dannatamente vero che alla fine di ogni ascolto lascerà la voglia di voler spingere di nuovo il tasto play ( o per i nostalgici come me di voler abbassare la puntina del disco). Il finale è da brivido con la meravigliosa e disincantata ballata Here's looking at you Kid e la successiva e rabbiosa The Backseat sunto del nostalgico passaggio dalla giovinezza senza freni e senza pensieri all' affrontare la vita che ci si pone davanti.
"But you know the summer always brought it.
That wild and reckless breeze.
And in the backseat, we're just trying to find some room for our knees.
And in the backseat, we're just trying to find some room to breathe"
http://www.gaslightanthem.com/. www.myspace.com/thegaslightanthem
www.facebook.com/pages/The-Gaslight-Anthem