giovedì 26 aprile 2012

No Code Pearl Jam (Sony Music 1996)












Dopo la triade "monolitica" di Ten-VS-Vitalogy i Pearl Jam sono sul tetto del mondo, eletti ad eroi della scena grunge, essendo ancora sopravvissuti alla pressione ed ai vizi da rockstar di Seattle nonostante estenuanti tour mondiali ed una fama  in crescita esponenziale.
Fortunatamente i Nostri decidono di prendersi una boccata d'ossigeno e messe da parte arene e stadi si buttano in svariati side project e collaborazioni che saranno un vero toccasana per gli anni a venire.
No Code è il primo album del dopo Seattle, dove, abbandonate le calde camicie di flanella, Eddie Vedder e soci spiccano il volo verso un rock più variegato  e ad ampio respiro, allargando i propri orizzonti e mettendo in pratica quello  che hanno assorbito dalle influenze esterne.
L'opener Sometimes suona come un tributo al "padrino" Neil Young con la sola voce di Eddie Vedder accompagnata da una chitarra acustica. Gli ormoni rock vengono però sfogati con la successiva Hail Hail, anche se siamo lontani dal Seattle Sound dei primi anni Novanta: è tutto più diretto e lineare,i suoni più scarni ma efficaci anche se, i Pearl Jam non hanno certo ammorbidito il loro suono; lo testimonia una punk song rabbiosa come Lukin, forse il pezzo più violento mai scritto dalla band o Red Mosquito, l'ennesimo tributo agli anni Settanta con un gran lavoro del duo Gossard-McCready alle chitarre.
Anche i testi si fanno più introspettivi ed ermetici, Vedder dimostra una spritualità ed una profondità d'animo in continuo crescendo: il disagio giovanile viene mitigato da una continua ricerca interiore
                                       ''seek my part/devote myself/my small self'    '(da Sometimes)
In Present Tense i respirà positività, lo stimolo di guardare sempre avanti e non rimanere succubi del passato e dei propri errori 
You can spend your time alone, redigesting past r                                                       You can spend your time alone, redigesting past regrets, oh...
Or you can come to terms and realize
You're the only one who can forgive yourself, oh yeah...
Makes much more sense to live in the present tense... 

Ma l'highlight del disco è ancora una ballata, quella Off He Goes giocata su pochi accordi semplici, ancora una volta il tributo a Neil Young è palese ed i riferimenti sono continui in tutta la sua malinconica melodia.
Ad ogni modo troviamo anche parecchie novità come Stone Gossard che canta in Mankind, una pop rock song diretta e ruffiana oppure l' armonica in Smile, elemento che porta i Pearl Jam ad abbracciare la tradizione musicale prettamente americana.
Molti fans all'epoca storsero il naso per questo cambio di direzione della loro band preferita, ma con il passare degli anni No Code è stato ampiamente rivalutato, considerato un perfetto disco di passaggio dagli anni del grunge a quelli della maturità artistica; una band che ha saputo sfruttare con intelligenza le proprie capacità artistiche sapendosi evolvere e riuscendo a far proprie le influenze accumulate da collaborazioni esterne.















www.pearljamonline.com  (sito del fan club ufficiale italiano dei PJ)

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