domenica 16 settembre 2012

Nati per Subire The Zen Circus (La Tempesta 2011)












Ho avuto modo di entrare in contatto con il mondo del Circo Zen qualche anno fa, quando mi imbattei nell'ascolto di Villa Inferno, un piccolo gioiellino indie folk made in Italy che lasciava ben presagire per il futuro. Ecco quindi, qualche anno dopo, complice un concerto a pochi chilometri da casa mia, che mi trovo tra le mani l'ultima fatica del trio pisano che ormai risale ad un annetto fa.
Sin dalle prime note iniziali trovo una band profondamnete cambiata, più matura e con un suono uniforme, perfettamente in bilico tra Pixies e Violent Femmes, con la scelta (giusta!) di cantare in italiano, un particolare che avevo apprezzato parecchio su Villa Inferno e che mi auguravo fosse sfruttato nel futuro di questa band.
Infatti uno dei punti forza di questo album sono i testi, scritti da Ivan Appino, che si lascia andare seguendo il suo "stream of consciousness" e regalandoci una fotografia precisa della Nostra Italietta (ovvero Il Paese che Sembra una Scarpa, il brano che apre l'album) condita dal freddo sarcasmo e dal nero e sagace umorismo toscano.
E via quindi con una carrellata di immagini messe in musica che disegnano i contorni della nostra società fatta da paradossi e contaddizioni, da debiti e vite al limite della sopravvivenza quotidiana, da vuote giornate nei centri commerciali a lustrarsi gli occhi nel nulla che ci ricordano che siamo Nati per Subire le ingiustizie della vita senza via d'uscita alcuna.
 nato per errore, per una probabilità / nato e cercato con ferma volontà / nato morto, nato stanco, nato in capo al mondo / o al centro dell'universo che si dice "è nato tondo" / nato per usare gli altri a proprio piacimento / nato per restare a fissare il pavimento / nato già fregato, amato e poi dimenticato / con la camicia blu ed il colletto inamidato / sei nato per subire, te lo ricordano i bambini / già stronzi e come te, dei futuri soldatini 
Gli Zen Circus fanno politica è indubbio, ma in maniera diversa e lontana dagli slogan da barricata degli Anni Settanta, visto che ormai certe ideologie sono morte e sepolte e brani come  I Qualunquisti o La Democrazia Semplicemente non Funziona (special guest Giorgio Canali che si prende la briga di mandare tutti a farci fottere) sono il manifesto ideologico di chi ha superato un certo cantautorato proletario di quasi quarant'anni fa, sempre troppo radicato nella scena musicale italiana.
ultimo dei tuoi problemi è la mobilità sociale
che non s'è mai capito cosa vuol significare
infatti siam tutti in giro che non si riesce a passare
che ci sia di sociale ce lo devono spiegare
son poveri di spirito i poveri in generale
per diventare povero devi esser matto da legare
un sorriso al posto giusto, un abbraccio alla mammina
e come disse Hitler: "alzati e cammina"
non chiamarci comunisti
dai che non ce n'è più bisogno
piuttosto siamo i qualunquisti
gente come te. 

(da I Qualunquisti)
Ragazzi in cerchio e una chitarra suona
la democrazia semplicemente non funziona
metto una bomba sotto casa tua
il fascino indiscreto della mia pazzia
col dito al cielo urli tutta la tua rabbia (la tua rabbia)
ma non ti accorgi che hai la testa nella sabbia (nella sabbia

 (da La democrazia Semplicemente non Funziona)
E probabilmente per Appino e soci non c'è una via d'uscita, nemmeno il rifugio nella fede religiosa può giovare qualcosa, visto che ne L'Amorale, si nega l'esistenza di Dio con un ritornello che è l'highlight assoluto di questo  album, una filastrocca per bambini condita da un nero cinismo.
dio non esiste, lasciatelo dire
è una morale per me, un'amorale
non ci pensare e continua a camminare
è una morale per me, un'amorale
se dio non esiste non esiste il male
ed è normale per te che lo sai fare
non ti fermare e continua a viaggiare
che è necessario per chi è stanco di aspettare.

Ad ogni modo ci sono momenti anche più easy all'interno di Nati per Subire, come la divertente Milanesi al Mare, una punk pop song con un testo nonsense e la ballata folk Ragazzo Eroe che chiama a raccolta tutti i prototipi giovanili della Nostra Penisola.
Nati per Subire, ovvero uno spettacolare affresco dei Nostri Giorni!
www.thezencircus.com
www.myspace.com/thezencircus
www.facebook.com/thezencircus


martedì 4 settembre 2012

Handwritten The Gaslight Anthem (Mercury Records 2012)












E fu cosi che anche le "ex next big things" della scena rock attuale firmarono un contratto con una major, spiccando cosi il volo verso una maggiore esposizione mediatica ed un ampio (e giusto) riconoscimento anche da chi non ha mai bazziccato nel marasma underground.
Ma questo salto di qualità cosa significa? Suoni MTV-friendly, video con lustrini, donnine e pailettes e tour su palchi che sembrano astronavi? A guardare bene direi proprio di no, anzi, i ragazzi del New Jersey sembrano non aver cambiato di una virgola il loro approccio, mai sopra le righe, al music business, ma soprattutto anche la loro proposta musicale è rimasta coerente con quanto hanno fatto finora.
Ma quindi che futuro avrà questo Handwritten? A dire il vero molto nebuloso, visto che nonostante la buona fattura di gran parte dei brani presenti, manca un pò di quella mordace aggressività che aveva contraddistinto i precedenti lavori. Certo la produzione di Brendan O Brian ha smussato parecchi angoli e ha lavorato di fino su tanti arrangiamenti, ma il punto è che in tutto il minutaggio del disco manca quella scarica di energia e sudore che permeava quel capolavoro di 59 Sounds, l'esordio Sink or Swim ed in gran parte di American Slang
Certamente non è una bocciatura, anzi, come vedremo più avanti c'è tanta carne al fuoco, ma l' impressione è che i TGA siano andati un pò col freno tirato, forse con l'intento di creare un album più cerebrale che sanguigno.
L'inizio però lascia ben sperare con la doppietta 45 e la titletrack Handwritten, due belle fast song, ben articolate con il solito buongusto nelle melodie sia vocali che chitarristiche. Il loro flavour si perde in quella nostalgia dei tempi andati tipica delle composizini di Brian Fallon, il tipico bravo ragazzo della porta accanto, che a dispetto del suo corpo coperto di tatuaggi, si commuove ancora per il rumore della puntina su un vecchio vinile, un buon libro e gli occhioni dolci della sua Mary Jane di turno.
Ma in questo album il songwriting si fa più profondo ed introspettivo,non si rincorre più il fantasma giovanile di Springsteen, ma si cerca di grattare sotto la superficie delle cose: evidentemente l'esperienza degli Horrible Crowes ha lasciato il segno. E' il caso di Too Much Blood, una sofferente dichiarazione di tormento interiore.
What can I keep for myself if I tell you my hell?
What would be left to take to my grave?
And what's left for you, my lover to save?
What's left for only you to take?
If I put too much blood on the page
If I put too much blood on the page
And if I just tell the truth are there only lies left for you
If I put too much love on the page? 

Ad ogni modo i rimandi ai "good old times" ci sono sempre, come nel caso di Mae, un bel salto nel passato che ci riporta agli esordi di Sink or Swim
 Stay the same, don't ever change
Cause I'd miss your ways
With your Bette Davis eyes
And your mama's party dress

While this city pumps it's aching heart

For one more drop of blood,
We work our fingers down to dust
And we wait for kingdom come
With the radio on

I wanna see you tonight

Would you come for a drive?
You can lean into me
If you ain't been in love for a while

I was born beside a river

That flows to a raging sea
That will one day serve to quell
Or one day be the death of me


La maggior parte delle composizioni stazionano su midtempos e si denota un netto miglioramento nelle parti di chitarra con l'inserimento di numerosi assoli, segno che l'esperienza ed un intensa attività live ha portato i suoi frutti, magari a scapito di quell'immediatezza che aveva contraddistinto le precedenti uscite.
Il finale è affidato all'acustica e springsteeniana (si sempre lui, il padrino della band) National Anthem che chiude in maniera soffusa e raffinata questo album.
In conclusione chi, come me, ha amato questa band fin dagli esordi continuerà a seguire il loro cammino artistico trovando sempre emozioni nei solchi dei loro vinili ( e si...sono retrò e vintage anche io come Brian Fallon), ma dubito che questo Handwritten lascerà il segno come quel piccolo capolavoro di 59 Sounds. Probabilmente un giorno i Gaslight Anthem,dopo aver vagato per le costellazioni delle rockstar, torneranno ancora nel loro piccolo per poter esprimersi senza freni e costrizioni..io per adesso rimetto su per l'ennesima volta  45...." Hey hey, turn the record over...Hey hey, and I'll see you on the flip side....
www.thegaslightanthem.com 
www.myspace.com/thegaslightanthem 
www.facebook.com/thegaslightanthem