sabato 26 maggio 2012

The Warrior's Code Dropkick Murphys (Hellcat Records 2005)












L' immagine della cover con  due pugili che si affrontano a colpi di ganci e montanti è il biglietto da visita di The Warrior's Code, quinto album dei bostoniani Dropkick Murphys ed ennesimo tassello della loro discografia che ha visto incrementare la loro popolarità di anno in anno.
Il personaggio rappresentato è niente meno che Michael Ward, pugile professionista di Boston al quale i Nostri dedicano il loro disco ( e su di lui verrà girato anche un film, The Fighter qualche anno dopo), l'ennesimo tributo che la band americana rivolge a qualche illustre personaggio della propria comunità irlandese residente a Boston.
Musicalmente i DKM arrivano dal successo di Blackout, un album che smussa le spigolosità street-Oi degli esordi per un approccio più melodico con sempre più marcate influenze folk. Con questo nuovo album la matrice Irish -Folk si fa sempre più presente rendendo cosi, The Warrior's Code, un disco di transizione tra il passato e l'evoluzione futura come celtic-rock band.
Come al solito i Murphys ci regalano un lotto di ottime canzoni, che ad oggi sono ancora presenti in scaletta durante i loro conerti e sono entrati nel cuore dei fans sparsi nel mondo: si parte in quarta con la doppietta Your Spirit' s Alive e The Warrior's Code, legnate punk rock con cori possenti e la cornamusa di Scruffy Wallace a creare un massiccio muro sonoro di sottofondo.
Si prosegue con la sgangherata Captain Kelly's Kitchen, ovvero un tradizionale irlandese rifatto alla maniera dei "bostoniani", dove l'alternarsi delle voci di Al Barr e Ken Casey si fa sempre più frenetico e veloce. Il riprendere brani della cultura popolare irlandese è una caratteristica che accomuna tutti gli album dei DKM, una peculiarità che rafforza il legame con la terra d'origine. In The Warrior's Code troviamo altre reinterpretazioni come The Auld Triangle, una poesia del poeta irlandese Brendan Behan ripresa anni fa anche dai Pogues e qui rifatta in un potentissimo anthem a rotta di collo sull'ascoltatore. Inoltre l'unica ballad presente, The Green Fields of  France, è un pezzo scritto dal cantautore australiano ma di origini scozzesi Eric Bogle, che ha come tema la drammaticità della guerra nelle riflessioni dell'autore stesso in visita ad un cimitero militare. Un testo profondo e toccante che i Murphys reinterpretano magistralmente grazie anche al cantato di Al Barr, davvero sopra le righe.
Sunshine Highway è il primo singolo estratto, una celtic-pop rock ballad dal ritornello molto catchy che sembra fatta apposta per cantare e ballare tra una pinta e l'altra, mentre l'ultima cover proposta è I'm Shipping Up to Boston, scritta da Woody Guthrie come tributo alla città portuale del Massachussets e rifatta dai Murphys nel loro stile punk folk, diventando uno dei pezzi più conosciuti della band, anche perchè inserita nella colonna sonora del film The Departed.
Il finale dell'album è affidato a Last Letter Home,ovvero la trasposizione in musica dell'ultima lettera che un soldato americano in Iraq scrive alla famiglia ed alla moglie pochi giorni prima del congedo, che però non vedrà mai perchè ucciso pochi giorni prima di tornare a casa. Essendo un grande fan dei Murphys ha chiesto alla band di suonare le cornamuse durante il suo funerale e con questa canzone viene dedicato un grande tributo alla sua memoria.
E proprio con Last Letter Home vorrei spendere due parole sulle lyrics dei DKM: profonde e toccanti nella loro semplicità e nel raccontare storie comuni, di amici, di vita, della loro Boston e renderle speciali per chiunque si avvicicini all'universo della band.
Hello there my dearest love
Today I write to you about our sons
The boys start school today
They're the spitting image of you in every way

Hey son it's Dad
I hope this letter finds you well out of harm's way
We saw the news today it frightened your Mom
Now all she does is pray

If I lead will you follow?
Will you follow if I lead?
 Hey Melissa it's me don't be afraid

I'm in good hands I'm gonna be home soon
It's time to watch the children grow up
I wanna be more than a voice on the phone

Thanks Ma I got your package today
I love "The Fields Of Athenry"
I swear I want 'em to play that song on the pipes
At my funeral when I die
 
I stand alone in the distance
And the foreground slowly moves
"We regret to inform you that on January 28th Sgt. Andrew
Farrar died while serving his country in the Al-Anbar province
of Iraq words cannot convey our sorrow"
When there's nothing on the horizon
You've got nothing left to prove

If I lead will you follow?
www.dropkickmurphys.com 
www.myspace.com/dropkickmurphys 
www.facebook.com/dropkickmurphys 

lunedì 7 maggio 2012

August and Everything After Counting Crows (Geffen records 1993)












Nei primi anni Novanta i Counting Crows vengono gettati nella mischia del calderone rock mainstream grazie ai passaggi in heavy rotation del loro singolo Mr Jones, che diverrà la "One Hit Wonder" della band relegandoli a meteora di MTV senza tener conto delle grandi potenzialità di questo gruppo.
August and Everything After è il folgorante debutto di  musicisti semisconosciuti guidati da un istrionico personaggio che ha vagabondato per gran parte della sua esistenza per le strade d'America, innamorato della poesia di Dylan e Springsteen e, che grazie a quest'incontro, riesce finalmente a liberare le sue doti di cantante e songwriter.
Adam Duritz diventa il leader grazie alla sua voce malinconica, a metà tra Michael Stipe e Sting, che si aggrappa con le unghie alle raffinate melodie della sua band che, finalmente, riesce a riportare in classifica questo ibrido tra rock, blues e folk, ovvero le radici più pure della tradizione americana.
Ascolto dopo ascolto ci si affeziona alle storie raccontate lungo le undici tracce di questo album, storie semplici, storie di un paese immenso come l'America, che, con le sue metropoli( come San Francisco, cantata in Sullivan Street) spesso si dimentica di posti lontani e sperduti, dove però si continua a vivere, sognare e sperare.
Omaha, somewhere in middle America
Get right to the heart of matters.
It's the heart that matters more.
I think you better turn your ticket in
and get your money back at the door.

(Omaha)
Ed il sogno e la speranza magari sono proprio sopra un treno, che farà fuggire dalla provincia, per non invecchiare e morire di solitudine
 She buys a ticket cause it's cold were she comes from
she climbs aboard because she's scared of getting older in the snow
love is a ghost train rumbling through the darkness
hold on to me darling I got nowhere else to go

(Ghost Train)
e magari, un incontro inaspettato potrà riservare un grande amore, come nella migliore delle favole rock and roll.
 Anna Begins è una grande canzone che scava nelle profondità del dilemma amoroso, con i dubbi, i pensieri, le parole vane di chi consiglia dall'esterno (un amico...un'amica), ma alla fine è sempre il cuore a decidere cosa sia giusto o no, magari nel modo più irrazionale che ci sia. Ed è proprio l'incedere di questa canzone, con i suoi cambi d'accordo che fa dissipare le nubi che avvolgono il cuore della protagonista.
 It does not bother me to say this isn't love.
Because if you don't want to talk about it then it isn't love.
And I guess I'm gonna have to live with that.
But I'm sure there's something in a shade of grey,
Or something in between,
And I can always change my name
If that's what you mean.

La malinconia però è il sentimento che fa da padrone in gran parte dei pezzi di quest'album, come nella bellissima ma terribilmente amara Rain in Baltimore o nell'oblio di Perfect Blue Buildings, un luogo fantastico e sereno dove rifugiarsi dalla grigia monotonia di tutti i giorni.
It's 4:30 A.M. on a Tuesday.
It doesn't get much worse than this.
In beds in little rooms in buildings in the middle
of these lives which are completely meaningless,
help me stay awake, I'm fallin'...

Asleep in perfect blue buildings,

beside the green apple sea,
I wanna get me a little oblivion, baby,
and try to keep myself away from myself and me.

E poi c'è il singolo Mr Jones, croce e tormento dei CC, il loro pezzo più famoso, che però li ha imprigionati in un effimero successo: una grande canzone, melodica, ruffiana con quel suo "Sha-la-la-la" di  vanmorrisoniana memoria, ma che possiede tutte le qualità per superare la prova del tempo ed essere incastonata tra gli evergreen degli anni Novanta.
Un grande debutto che merita di essere ascoltato ed apprezzato, cosi come la successiva discografia dei Counting Crows: dischi che sono passati in secondo piano, ma che conservano le ottime qualità mostrate nel fantastico esordio di Duritz e soci.
www.countingcrows.com
 feathers in my hand-sito italiano sulla band