domenica 10 giugno 2012

Badmotorfinger Soundgarden (A & M Records 1991)












Nei primi anni Novanta i Soundgarden si fanno largo a spallate nell'emergente scena alternative americana, divenendo capostipiti di un genere che verrà etichettato come "grunge" da giornalisti e mass media, gettando cosi la band nel calderone insieme ad altri act destinati a lasciare il segno nella storia come Nirvana, Pearl Jam ed Alice in Chains.
Ovviamente ognuna di queste band aveva la propria personalità ed il proprio stile, ma i Soundgarden furono coloro che cercarono di farsi notare grazie al loro eclettismo musicale che univa vari generi spaziando dall'hard rock di matrice Seventies fino a territori più estremi come il metal e l'hardcore.
Con questo Badmotorfinger avvenne una svolta importante nella carriera del "Giardino del Suono", fu un trampolino di lancio verso la fama e le tournee mondiali (all'epoca di spalla ai Guns and Roses) anche se per molti Die-hard fans fu il canto del cigno di questa band, nonostante la futura consacrazione verso i piani alti delle classifiche.
Mai come prima la band mostra i propri muscoli e, grazie anche alla produzione di Terry Date, l'impatto di questo album è devastante, un muro sonoro impenetrabile, suoni lancinanti ed un Chris cornell che porta la sua voce ai limiti più estremi, creando cosi un suono che diverrà il manifesto di quegli anni.
Si parte con i freddi "rumorismi" di Rusty Cage, una killer song che non poteva essere migliore apertura, grazie anche alla sezione ritmica Cameron-Shepard, quest 'ultimo al suo esordio in line up e fautore di un magistrale lavoro al basso.
Le successive Outshined e Slaves and Bulldozers sono dei megaliti che si abbattono sull'ascoltatore: riff di matrice sabbathiana ancor più carichi di cromature metalliche ed un Chris Cornell che porta le sue corde vocali allo sfinimento. E' impossibile rimanere inerti davanti a questa doppietta, come è impossibile non sbattere la testa sin dal primo attacco di martellante batteria di Matt Cameron  che da il là al singolo Jesus Christ Pose, un potentissimo mix di metal, hardcore, ritmi tribali che diverrà il vero e proprio biglietto da visita della band.
Già a metà album ci si trova sfiancati da cotanta potenza ed anche la successiva Face Pollution non lascia respirare, talmente i ritmi sono serrati, nella canzone più punk dell'album: diretta in your face!
Qualche spiraglio lo si intravede in Somewhere, dove il chorus si presta molto alla melodia ed anche la chitarra di Kim Tayhil è meno tagliente del solito.
La successiva Searching with my Good Eyes Closed è uno dei capolavori di questo album: una lunga hard rock song infarcita da numerose divagazioni nella psichedelia più pura. Le rumorosità si stemperano lasciando spazio a melodie che verranno poi sviluppate negli anni a venire. L'influenza della cultura mediorientale del chitarrista Tayhil si fa sentire ed anche Chris Cornell modula la sua voce su timbriche più calde dopo l'orgia di violenza nella prima parte dell'album.
Proseguendo con l'ascolto ci si imbatte in qualche filler di troppo, anche se la qualità dei brani è davvero alta e spesso vengono inseriti elementi lontani dalla cultura rock in senso più stretto, come il sax in Room a Thousand Years Wide, ma quello che rimane è senza dubbio uno dei capolavori degli anni Novanta, un album vario che all'epoca mise d'accordo i fans della emergente scena grunge ed i metallari più intransigenti, proprio per quel connubio di stili che ha sempre caratterizzato la band di Cornell e soci.
Per molti i veri Soundgarden finiscono qui, accusati di aver intrapreso una via più commerciale con il successivo Superunknown. Di sicuro il sottoscritto è sempre stato affascinato da questo platter e dallo stile che la band aveva adottato all'epoca, distanziandomi parecchio gli anni successivi, nonostante altri due ottimi album che però non hanno il mordente di questo Badmotorfinger!
www.soundgardenworld.com
Unofficial Soundgarden Site
www.myspace.com/soundgarden

domenica 3 giugno 2012

The Meanest of Times Dropkick Murphys (Born & bred records 2007)











Ci sono album che dopo il primo ascolto sai già che non ne potrai più fare a meno, ci sono album che invece sono relegati in qualche scaffale con qualche dita di polvere e ci sono album che vengono riscoperti col tempo, perchè in noi scatta quel qualcosa che  ce li fa apprezzare e magari canticchiare senza sosta nella nostra testa.
Ecco, The Meanest of Times appartiene a quest'ultima categoria: un disco uscito nel 2007 che però, il sottoscritto ha iniziato ad apprezzare con qualche anno di ritardo, complici alcuni concerti dei Dropkick Murphys dove l'esecuzione di alcuni brani mi hanno fatto scattare quel fatidico "clic" nella testa.
Mettendo in fila la discografia della band, TMOT lo considero il primo tassello dell'ultima incarnazione evolutiva della band, ovvero quel "wall of  sound" fatto di chitarre massicce, basso e batteria dove gli spazi vuoti vengono riempiti da un tappeto di cornamuse e thin whistle, rendendo cosi il suono compatto e spesso, definito dai critici come Celtic Punk.
Le 15 tracce (più la bonus track Jailbreak dei Thin Lizzy) filano via che è un piacere, un treno in corsa inarrestabile, con grande precisione nei suoni, un 'alternanza alle vocals (in puro spirito irish folk) tra Ken Casey e Al Barr che raggiunge la perfezione e testi sempre più elaborati e significativi.
L'introduzione di uno strumento tradizionale come il banjo è uno degli elementi nuovi della band ed il giro che apre la titletrack ti si stampa in testa sin dal primo ascolto. A seguire anthem punk rock da cantare e consumare sudando sotto il palco. I Murphys ormai sono una garanzia: chi ascolta un loro disco sa cosa trovare e difficilmente ne rimarrà deluso.
Tra gli Highlights segnalo la splendida God Willing, classico DKM-Style, contenente una riflessione sulla vita e sulla perdita dei propri cari
God willing, It's the last time I'll say goodbye
God willing, I'll see you on the other side
It's the last time I'll put my arms around you
The last time I'll look into your eyes
I've come here to put my arms around you
And say one final goodbye
Yeah, I'll see you on the otherside
Yeah, I'll see you on the otherside

 cosi come Famous for Nothing o Vices and Virtues, piccole storie del quartiere operaio di Quincy, a Boston, che vengono trasformati in inni per i fans della band.
Come scrissi nella recensione di The Warrior's Code, la forza della band è quella di trasformare piccole storie quotidiane della loro città in canzoni che verranno poi  amate dai propri fans, creando un legame unico tra Boston, la band e la Dropkick Murphys Crew sparsa per il globo!
La componente Irish ovviamente non viene messa da parte ed il tributo alla "Diaspora Irlandese" arriva puntuale con Flannigans Ball, dove la band viene supportata dalla partecipazione di  Ronnie Dew dei Dubliners e Spider Stacy dei Pogues, mentre il momento riflessivo è dato dalla ballad Fairmount Hill, ovvero una ballad tradizionale, Spancil Hill, riadattata in chiave bostoniana proprio dalla band stessa.
C'è tempo anche per parlare di amore, nel bene o nel male, perchè si sa che queste cose prima o poi capitano nella vita di un uomo e allora Rude Awakenings lascia spazio ai turbamenti amorosi senza però crogiolarsi nella depressione, ma con una punta d'ironia nera tipica dei Dropkick Murphys.
With equal surprise she opened her eyes
Sat up & shouted "for christ sakes who the hell are you!"
(What she take ya for)
She cooked me my breakfast then called me a cab
Shoved me out the door & threw the five dollar
Fare in my face
(What she take ya for)
She took me for all I was worth
May I remind you that ain't much at all
A meaningless gesture in the meanest of times
As it turns out you weren't worth the call
 I though it was all just a nightmare
I guess it was true
But now I'm left with a daily reminder of you 

L' ultima traccia degna di nota è Johnny I Hardly Knew Ya, ormai presenza fissa nella setlist dei loro concerti, l'ennesima rilettura di una marcia militare, Johnny I'm Coming Home trasformata in una roboante punk rock song infarcita di cornamuse che senza dubbio potrebbe essere il biglietto da visita di questo album. 
The meanest of Times è l'ennesimo tassello della discografia di una band che ormai ha consolidato il proprio status, un punto di partenza per chi non li ha mai ascoltati oppure l'ennesima conferma per i fans più fedeli della band. Di sicuro abbiamo una manciata di ottime canzoni che non devono finire nel dimenticatoio!
www.dropkickmurphys.com