lunedì 8 aprile 2013

Above Mad Season (Columbia records 1994)












Se il 1991 aveva visto i Temple of the Dog evocare l'alba di una nuova era musicale e tenere a battesimo quello che fu comunemente chiamato "Grunge", i Mad Season ne pongono il sigillo ed il suo definitivo tramonto, grazie a questo unico, ma meraviglioso album datato 1995.
Ma partiamo dall'inizio, ovvero in quella Seattle, culla di geni musicali e di una scena prolifica con i fari dei mass media puntati addosso, dove un chitarrista, Mike McCready, transfugo dai Pearl jam post Vitalogy, un batterista, John Baker Saunders, turnista  ed un cantante, Layne Staley ,voce degli Alice in Chains si ritrovano in una clinica di disintossicazione dove, tra una rehab e l'altra decidono di jammare un pò , lasciando libero sfogo al loro genio creativo.
In poco tempo reclutano un bassista, Barret Martin, in forza agli Screeming Trees e danno un nome alla loro creatura: Mad Season, il nomignolo con cui si indica la stagione di "sbocciatura" di alcuni funghi allucinogeni.
In pochi mesi la band inizia ad esibirsi in alcuini locali della città, attirando su di sè le attenzioni dei fans e creando il giusto "buzz" affinchè venga proposto loro un contratto discografico, magari di una major, che cavalca cosi l' onda dell'entusiasmo.
Il risultato è Above, che vede aggiungersi all'ultimo momento, un altra celebrità "tossica" della città, Mark Lanegan, voce dei già citati Screeming Trees per la formazione finale del supergruppo grunge.
Uno dei punti di forza di questo album è la spontaneità, il non trovarsi di fronte a qualcosa di costruito a tavolino per vendere meglio il prodotto. I brani sono frutto di sessions tra grandi musicisti che veicolano nella loro arte i demoni interiori e provano così a scrollarsi di dosso il peso del successo delle loro band madri, per tornare a suonare in maniera spontanea come agli esordi della loro carriera.
E' soprattutto McCready che ha più spazio per il suo talento compositivo, spesso soffocato nei Pearl Jam dalle personalità forti e carismatiche di Gossard e Vedder. La sua chitarra ricama e cesella riff , crea grandi melodie, come nella ballata River of Deceit, la " Little Wing" dei Mad Season, triste ed uggiosa come una delle tante giornate di pioggia che si abbattono su Seattle. Anche Layne Staley mette da parte le sue urla disperate per un approccio più soft ed intimo, un cantare vero che però continua a buttare fuori veleno ( My pain is self chosen è forse la frase simbolo di questoalbum).
Ci sono tanti stili che si incrociano in Above,a partire da quel giro di basso iniziale che introduce Wake Up, un sinistro minimalismo che piano piano cresce, accompagnato dalla chitarra di McCready. libera di volare e dalla litania di Staley, traghettatore in questo " fiume di disagio"; si passa a echi più hard rock oriented  in I'm Above, figlia dei Black Sabbath più allucinati fino al blues di Artificial Red, lunga nenia pervasa da quel atmosfera junkie che solo quattro musicisti affetti da dipendenze possono creare.
Il senso di meravigliosa angoscia cresce sempre di più, ascolto dopo ascolto, e se X-Ray Mind e I Dont Know Aything ci riportano su territori già tracciati dagli Alice in Chains ( giusto per non abbandonare le radici) è Long Gone Day il capolavoro di questo disco: una crepuscolare ballata pregna di atmosfere noir( vi sono anche stacchi di sassofono), dove il duetto tra Staley e Lanegan raggiunge il suo apice, un morboso intreccio di disagio e disincantata resa dei conti nei confronti della vita.
See you all from time to time
Isn't it so strange
How far away we all are now
and i'm the only one who remembers that summer
Oh, I remember
Everyday each time the place was saved
The music that we made
The wind has carried all of that away

Lo strumentale November Hotel, ennesimo frutto di jam sessions in sala prove è il preludio alla concluisva All Alone che con il suo lapidario refrain "...We're All Alone...", lascia davvero poche speranze su come andrà a finire questo viaggio.
Eccolo qui, quindi, l'ultimo documento sonoro di quei fantastici anni, il sigillo che chiuderà  un  epoca che ha visto forse l'ultima rivoluzione rock vera e propria, l'ultimo e angoscioso canto di libertà di una scena, quella di Seattle che si disgregherà definitivamente lacerata dai mass media, dalla moda e purtroppo dall'eroina.
John Baker Saunders morirà nel 1999..
Layne Staley nel 2002...
https://www.facebook.com/MadSeason
spotify:album:1B9Yu846vE9uPFzFA6hHBF































giovedì 4 aprile 2013

Dobermann (Doghouse Music 2012/Autoproduzione)













Prendete un quarto di AC/DC, un quarto di Motorhead d'annata, un quarto di Ramones ed un quarto di Sex Pistols, mescolate bene e decorate con della sana ignoranza da strada, maturata  con anni  di esperienza rock and roll sulle spalle: ecco pronti i Dobermann, power trio da Torino che si presenta con questo primo, omonimo album che non lascia prigionieri.
Debutto si, ma chi sta dietro al monicker è attivo da parecchi anni e vive e respira strada e rock, per questo il disco in questione non è uno di quei prodotti costruiti a tavolino, ma ringhia e morde con ferocia, proprio come il dobermann in copertina.
Le dieci tracce in questione ( più intro) hanno un tiro giusto e coinvolgente, complice anche la produzione, affidata ai Finnvox Studios di Helsinki, mecca del suono per i rockers dei primi Anni Duemila. Ma si sa, la tecnologia aiuta, ma se la sostanza manca può fare davvero poco: fortunatamente qui di sostanza e attitudine ce ne è davvero tanta:  punk fino al midollo e tanta tecnica al servizo di una manciata di canzoni che chiedono solo di essere scoperte e cantate.
La peculiarità della band è il cantato in italiano, scelta che può essere ostica, ma alla luce dei fatti dà ragione, visto che le tracce crescono ascolto dopo ascolto, e se quello che conta all'inizio è solo l'impatto, non vi sembrerà strano iniziare a canticchiare i ritornelli di questo album.
Tra gli highlight c'è sicuramente l'aggressiva ma melodica Rosso e la "punk rock song" Mi  Sono Trasformato in un Robot, inno all' alienazione della società odierna fedele al motto -Nasci, Consuma, Crepa-.
Davvero azzeccata la cover in italiano di Antisociale ( A Testa Bassa) che i metallari con qualche primavera in più  alle spalle la ricorderanno fatta dagli Anthrax ai tempi di State of Euphoria.
Con Tutto Ok si sbatte contro un muro di suono potentissimo per una canzone che elargisce calci in culo talmente suona piena e potente.  Da segnalare la versione in inglese, Fear of the UK, messa come bonus finale, un perfetto mix punk'n' roll.
Il finale è per il manifesto della band, Quando l'Asfalto Grida: colate di metallo fuso che si sciolgono su riff  quadrati per una vera e propria dichiarazione di intenti
Ti sembra una sfida quando l'asfalto grida
è come un gioco con i colori del fuoco
raccogli la sfida quando l'asfalto grida
randagio che fa da detonatore per la tua libertà
I Dobermann sono questi, niente di più, niente di meno: lontani dai facili intellettualismi, ma vicini alla vera vita on the road, pronti a mettere a ferro e fuoco i palchi dove vengono chiamati ad esibirsi. Cercate sul loro sito la data più vicina a voi e andate a vederli. Non ve ne pentirete!
http://www.dobermannweb.net/
https://www.facebook.com/dobermann666