domenica 21 dicembre 2014

Will Be Christmas Mosche Di Velluto Grigio (autoprodotto 2014)













Natale si sa, ha sempre esercitato un fascino particolare con la sua tradizione e le sue atmosfere magiche. Anche le più scafate rockstar hanno sempre ceduto alla tentazione di riproporre qualche cover natalizia oppure regalare ai fans qualche inedito giusto per celebrare questa festa. La lista è lunghissima, si parte dai Twisted Sister fino ai Ramones, per non dimenticare Bad Religion e Pogues, questi ultimi poi raggiungono ogni hanno le toplist con la loro dissacrante Fairytale of New York.
Non vogliono essere da meno le Mosche di Velluto Grigio,band della Bassa Padana, di cui ho avuto modo di recensire mesi fa il loro ultimo album In te Ho Sognato.. , regalando ai propri fans questa strenna natalizia, disponibile proprio dal 23 dicembre sulle principali piattaforme digitali.
Will be Christmas vuole essere un tributo alla tradizione natalizia, ma anche un bel pezzo punk folk, nello stile delle Mosche, anche se rispetto alle recenti produzioni, la componente rock and roll è più marcata, lasciando comunque un bel tappeto di sottofondo alle cornamuse. L'inizio parte lento e soffuso, con la roca voce del Cagno che ha il compito di scaldare i motori, prima di partire a testa bassa come i migliori Dropkick Murphys o Bad Religion.
Inutile spendere troppe parole, Will be Christmas va ascoltato, assimilato e suonato, magari proprio la notte della Vigilia, dove tra un brindisi e l'altro ( Guinness o Whisky please!!) potrà scappare anche una pogata sotto l'albero prima di scartare i regali!
Buon Natale Mosche!!!
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sabato 22 novembre 2014

Siamese Dream The Smashing Pumpkins (Hut Records/Virgin Records 1993)













E' proprio vero che spesso, dietro ad alcuni capolavori artistici, ci sono storie di disagi e sofferenza, probabilmente i fattori che fanno scaturire la creatività come valvola di sfogo e liberano tutto il genio e la fantasia che un talento può avere dentro di se.
Siamese Dream, pilastro della musica alternative degli Anni Novanta, ha avuto una gestazione travagliata,dovuta ai problemi personali dei singoli membri della band che gli ha dato la luce, gli Smashing Pumpkins destinati da qui in poi a diventare un vero e punto di riferimento negli anni a venire.
Ma partiamo con ordine, anche se usare questa parola è un pò paradossale con i Pumpkins, visto che il batterista Jimmy Chamberlin è nel pieno della sua dipendenza da eroina, la bassista D'Arcy e il chitarrista James Iha pongono fine alla loro relazione sentimentale, risultando così "separati in casa" all'interno della band, mentre il leader Billy Corgan è in una fase di depressione acuta con manie suicide e le sue bizze si trasformeranno in vere e proprie  paranoie portando il lavoro in studio a momenti di pura rabbia per voler il controllo totale dei suoni e delle composizioni.
In tutto questo caos Siamese Dreams esce nell'estate del 1993, con la produzione affidata al guru della consolle Butch Vig e sarà destinato a divenire un best seller ed a creare un suono unico ed inconfondibile.
Il sound degli Smashing Pumpkins attinge a piene mani dall'hard rock zeppeliniano, dalle sfuriate punk e dalla vena indie pop cosi cara ai Pixies; troviamo l'edonismo metal insieme alle dilatazioni psichedeliche dei Sixties, il tutto a creare un suono unico ed inconfondibile come la voce di Corgan, una timbrica che non pone mezzi termini: dolce e stridula allo stesso tempo o la si ama o la si odia.
Siamese Dreams si rivela cosi una fucina di singoli che scaleranno le playlist di quegli anni, come Today, con l'inconfondibile intro di chitarra ed il deflagrare di un suono pieno ma allo stesso tempo melodico.Verrà paragonata alla Lithium dei Nirvana, anche per via del testo in cui Corgan sfoga la sua depressione e le sue manie suicide.
Today is the greatest 
Day I've ever known 
Can't wait for tomorrow 
I might not have that long 
I'll tear my heart out 
Before I get out 
Pink ribbon scars 
That never forget 
I tried so hard 
To cleanse these regrets 
My angel wings 
Were bruised and restrained 
My belly stings 

L'iniziale Cherub Rock con il suo drumming martellante è un altro highlight di melodica disperazione, mentre Rocket è l'ennesimo grido liberatorio di Corgan, che nei suoi testi trova sempre di più sfogo dai suoi demoni interiori.
L'apice del suo dramma è in Disarm, ballata barocca cosi bella quanto toccante per via dell'argomento toccato, gli abusi subiti dal cantante da bambino e sin li sempre taciuti.
I used to be a little boy 
So old in my shoes 
And what I choose is my choice 
What's a boy supposed to do? 
The killer in me is the killer in you 
My love 
I send this smile over to you 
Disarm you with a smile 
And leave you like they left me here 
To wither in denial 
The bitterness of one who's left alone 
Ooh, the years burn 
Ooh, the years burn, burn, burn 

Quiet e Geek Usa sono il lato più violento e rumorista esposto dalla band, i riff quasi hardcore che vengono gettati con veemenza in pasto al pubblico, ma il capolavoro di questo disco è una canzone destinata a rimanere in secondo piano ed a non essere pubblicata come singolo. Si tratta di Mayonaise, malinconica poesia che sembra sempre sul punto di esplodere come un pianto liberatorio. In questo pezzo Billy Corgan mette in campo la sua raffinatezza ed i suoi sentimenti creando un vero e proprio gioiello che va a scavare a ritroso tra i suoi ricordi ed il suo passato.
Mother weep the years I'm missing 
All our time can't be given 
Back 
Shut my mouth and strike the demons 
That cursed you and your reasons 
Out of hand and out of season 
Out of love and out of feeling 
So bad 
When I can, I will 
Words defy the plans 
When I can, I will 

A chiudere due crepuscolari canzoni come Luna e Sweet Sweet, che con toni soffusi ci accomiatano da questo Siamese Dreams, disco epocale che, a torto, fu inserito nel calderone grunge di quegli anni, ma che fu un punto di partenza per una scena alternative e per il mastodontico capolavoro che fece conoscere gli Smashing Pumpkins al grande pubblico, il doppio Mellon Collie and The infinite Sadness.
Ma questa è un'altra storia.
Smashing Pumpkins Official Site
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sabato 8 novembre 2014

Wonderful Race Highway Dream (Street Symphonies Rec 2014)













Asfalto, lunghe autostrade assolate, odore di benzina e voglia di schiacciare fino in fondo la tavoletta dell'acceleratore! Ecco cosa mi è venuto in mente durante l'ascolto di Wonderful Race, debut album degli Highway Dream da Cremona, ottima band dedita ad un altrettanto ottimo hard rock che non disdegna qualche puntata in territori metal.
Ed è proprio l'opener Unbelievable che fa venir voglia di girare la chiave nel cruscotto e partire lasciando una stridente sgommata sull'asfalto, una killer song che mostra subito di che pasta son fatti questi rockers cremonesi.
Da subito si denota una notevole preparazione tecnica che lascia un a bella prova di sè in tutte le dieci canzoni del disco, la band è splendidamente preparata e rodata e nulla sembra essere lasciato al caso, soprattutto la voce di Isa Gorni, potente e versatile, tanto che in alcuni casi sembra allontanarsi dai territori più hard per confrontarsi con la grinta vocale di Tina Turner.
Non sono da meno neanche gli altri elementi come Roberto Zoppi che ci regala splendidi assoli, mai fini a se stessi, ma ben strutturati all'interno delle canzoni, cosi come la vasta gamma di suoni del suo guitar working che vanno dall' hard rock più sleazy fino alle svisate quasi thrash di Many Reasons.
Ed è proprio questo pezzo che vede il drumming di Max Agliardi arrivare a picchi di potenza e precisione incredibili, cosi come Gabriele Frosi che lascia impronte indelebili con le sue linee di basso.
Il ritmo e la potenza sono alla base del sound degli HD, ma è importante alla stessa maniera anche la ricerca della melodia, basti pensare a ritornelli catchy come Highway Dream o Let me be Your Breath che non sfigurerebbero in un ideale playlist di hard rock classico.
Il miglior pezzo del cd, a mio avviso, è però Falling Down, cinque minuti di rocciosi riff  che si dipanano tra cambi di tempo, arpeggi e atmosfere più soffuse, quasi un pezzo hard prog che riassume a pieno la grande versatilità e capacità della band di immedesimarsi nelle atmosfere più disparate.
Con Some Stars si torna a sonorità più di ampio respiro, una prima parte acustica ed intima che poi lascia il posto ad una cavalcata epica di puro rock and roll.
E puro rock and roll è anche l'atto conclusivo di questo debut: Born to Be a Rockstar, la dichiarazione definitiva d'intenti che gli Highway Dream vogliono lasciare ai loro fans. In questi quattro minuti di tellurica ed anthemica potenza sono racchiusi i sogni e le speranze della band e sicuramente diventerà un cavallo di battaglia in sede live.
A conti fatti ci troviamo davanti ad un ottimo disco, ben suonato e per nulla scontato, quaranta minuti che grondano sudore e passione che speriamo vengano recepiti da un pubblico sempre più ampio.
In un loro pezzo cantano "Some stars never start to shine"...la speranza è che la loro stella brilli sempre più luminosa nel panorama hard & heavy italiano.
www.highwaydream.it
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www.streetsymphonies.com
Wonderful Race Spotify


martedì 28 ottobre 2014

The Southern Harmony & Musical Companion The Black Crowes (Def American Recordings 1992)












Dove ci eravamo lasciati? con il debut album bestseller Shake Your Money Maker e con la strada spianata verso un crescente successo! Ecco questa è la via che tracciano i Black Crowes, band guidata dai litigiosissimi fratelli Robinson, che vedono le loro gesta catapultate sui palchi di tutto il mondo, pronti a sfidare il nascente astro del grunge con i suoi chitarroni pesanti e le camicie di flanella.
Della partita entra il chitarrista Marc Ford, che darà ancor più vigore alle nuove composizioni, che verranno pescate a piene mani, come potenziali singoli, per trascinare l'album nelle classifiche di vendita.
Le coordinate stilistiche son sempre le stesse: un buon hard rock venato di soul, ma con l'aggiunte di quel blues sporco e graffiante che ha reso immortali la coppia Richards & Jagger.
Ecco quindi l'opener Sting Me, ottimo "rock and soul"  impreziosito da cori femminili, per dare quell'aurea "southern" alla canzone. A ruota segue Remedy, primo singolo  che colpisce direttamente al cuore con il suo ritmo cadenzato dettato da un piano honky tonky e dal suo chorus sinuoso e sensuale grazie ai soliti controcori femminili messi li ad arte.
Ma nulla di questo album è scritto a tavolino per vendere, qui c'è una pura passione rock and roll, sanguigna e viscerale, sicuramente in contrasto coi tempi che furono, anacronistica ma dannatamente efficace perchè vuole colpire il centro nevralgico dei sentimenti dell'ascoltatore.
Sotto quindi con il sofferente blues di  Bad Luck Blue Eyes Goodbye, lento  e carico di dolore come solo chi patisce le pene d'amore può provare. Ed è sempre il blues la strada maestra da seguire come in Sometimes Salvation, dove lo spettro di Janis Joplin si materializza in tutta la sua urgenza di scaldare le corde vocali con l'ultimo sorso di Southern Comfort: qui Chris Robinson sembra davvero essere impossessato dal demone alcolico della Joplin, e la sua voce traccia la linea guida nella sua roca disperazione.
Thorn in My Pride è la ballata che fa tirare il fiato, notturna e rilassante, tra le sue percussioni, il calore di un Hammond, vitale come  il ritrovarsi attorno ad un falò in una notte d'inverno.
Hotel Illness è l'ennesimo singolo estratto all'epoca ed è devozione assoluta ai Rolling Stones ed alle highway americane, cosi come Black Moon Creeping e My Morning Song che omaggiano gli Zeppelin e il vibrante hard rock dei Seventies tra ottimi riff, assoli cesellati ad arte e la consapevolezza che senza i grandi del passato non si può andare avanti.
La chiusura è affidata ad una cover, pratica che spesso ha visto i Black Crowes impegnarsi a dare versione inedite di pezzi altrui. In questo caso tocca a Bob Marley, con la sua Time Will Tell, ripresa in chiave acustica e con un tocco soul che sa davvero stravolgere l'originale ma sa anche dargli una potente aurea "black" che fa chiudere il legame sacro con il cantante giamaicano.
Un altro grande capolavoro quindi di questa ottima band, che ha saputo scrivere grande musica senza svendersi alle leggi di un mercato, che, all'epoca, guardava da tutt'altra parte, ma che grazie alla grande passione ed alla sincera proposta dei fratelli Robinson, ha saputo ritagliarsi una parte importante nella storia del rock americano.
www.the blackcrowes.com
www.facebook.com/TheBlackCrowes
The Black Crowes – The Southern Harmony And Musical Companion

giovedì 9 ottobre 2014

Get Hurt The Gaslight Anthem (Island Records 2014)













Ho sempre considerato Brian Fallon  un songwriter eccezionale, capace di scrivere ottime canzoni ed altrettanti testi, di scavare nel profondo dell'animo e di avere quella capacità di narrare il passato con una romantica nostalgia, davvero inusuale per un ragazzo che, in fin dei conti, ha superato da poco la trentina.
Evidentemente la sua carriera musicale ha avuto un impatto notevole nel suo animo, ed anche le ultime vicende personali ( ha recentemente affrontato il divorzio dalla moglie, compagna di vita da oltre un decennio) hanno segnato notevolmente le sue composizioni, dolorosamente afflitte  da un fardello che il cantante ha voluto sfogare in questo album.
Devo essere sincero, non avevo grandi aspettative per questo quinto album in studio della band americana, dato che i primi ascolti non mi avevano entusiasmato e anche questo cambio di sound, più rock oriented rispetto alle precedenti produzioni mi avevano trasmesso l'immagine di una band stanca e "ingrassata" dai contratti con una major.
Niente di più sbagliato, perchè grattando sotto la superficie e lasciando da parte gli ascolti facili di Spotify, rimane un disco ben più profondo di quel che vuole sembrare, con ottimi testi ed anche una certa ricercatezza di suoni, tornati su un mood più ruvido rispetto alla produzione di Brendan O'Brien sul precedente Handwritten.
Certo l'attacco di Stay Vicious, cosi pesantemente distorto mi aveva lasciato di stucco, ma poi l'incedere del pezzo si stempera e lascia il campo ad un ottima rock song, in quello stile che ha reso famosi i Gaslight Anthem, perennemente in bilico tra i Social Distorsion e Bruce Springsteen, senza dimenticare eroi alternative come Pearl Jam o Afghan Whigs.
Proprio la band di Greg Dulli sembra essere omaggiata in Stray Paper, grazie a delle ottime armonizzazioni e un intensa prova di Fallon, sempre più leader del combo.
Come dicevo prima, i travagli sentimentali del cantante sembrano essere la chiave di volta di questo album, quindi le  atmosfere cupe e soffuse della titletrack o di Underneath the Ground sono una delle sfaccettature che ritroviamo all'interno di questi quaranta minuti, ma non si preoccupino i fans di vecchia data, perchè in Rollin' and Tumbling i Jersey Boys non si tirano indietro regalandoci il loro primo singolo carico di rabbia e disperata poesia.
So should I take everything, all your temporary medicines?
Should I take your reds, your blues, and your cocaine?
Should I take something to try on the weekend?
Should I take anything... or did you mean everything?
When I hit the wall, wrecked from it all
You put flowers down on the cold ground
And cry me a river
And assure me I'm crazy
While you question the answers
And then you lean on my best friends
Until you find better weather
And you take a vacation
I heard you got all my letters
Signed "The Great Depression"
Baby rollin' and tumblin'
Anche Helter Skeleton è un ritorno agli esordi ed alle sonorità di quel piccolo gioiello che fu The 59 Sounds, ma per il sottoscritto il meglio deve ancora venire, con delle gemme nascoste come Selected Poems, ricca di sfumature, melodie, un assolo fantastico come ciliegina sulla torta e dei testi che scavano nel profondo.
And all I seemed to find is that everything has chains.
And all this life just feels like a series of dreams.
Selected poems and lovers I can't begin to name.
And all in all I find that nothing stays the same.
E continua a scavare anche la ballata acustica Break Your Heart, grondante di dolore e figlia di un cuore spezzato, in cui Fallon mette davvero a nudo i suoi sentimenti.
And oh, my my, it would break your heart,
If you knew how I loved you, if I showed you my scars,
If I played you my favorite song lying here in the dark.
Oh my my, it would break your heart.
Il finale è affidato a Dark Places, inno rock and roll che avrebbe la benedizione di Springsteen e Joe Strummer, in cui si legittima la consapevolezza di una relazione sentimentale conclusa e dove la tristezza lascia posto ad un amaro addio.
All of the things that I tried to explain,
How something inside of me started to break.
We were living proof, one by one we drifted away…
Drifted away…
One by one and day by day,
I became the dark in the places where you live.
Cosa rimane di questo Get Hurt? Rimane una grande prova dei Gaslight Anthem, rimane un disco che deluderà molti, farà parlare di sè, ma regalerà emozioni a chi si sforzerà  a capirlo. I TGA sono cambiati, sono maturati, ma non hanno perso quella attitudine romantica e nostalgica, tipica di chi sogna rock and roll giorno e notte, d'altronde è lo stesso Fallon a dire "I still love rock and roll, and still call somebody baby" proprio ad inizio disco, tanto per ribadire la sua devozione alla causa.
No i Gaslight Anthem non ci hanno lasciato!

domenica 14 settembre 2014

Hai Paura del Buio Afterhours (Mescal Records/Universal 1997)












Con un disco come questo si potrebbe scrivere la parola CAPOLAVORO e chiudere ogni tipo di commenti, lasciando all'ascoltatore la voglia di togliersi la curiosità e scoprire il perchè di tale denominazione.
Ma sarebbe davvero riduttivo ed allora facciamo un salto temporale negli Anni Novanta, ultima decade davvero innovativa per la musica rock, soprattutto oltreoceano dove l'uragano grunge spazza via qualsiasi cosa e lascia segni indelebili anche nel nostro paese.
Le band cosiddette "alternative" iniziano a prendere piena consapevolezza di sè ed escono dalle cantine per affacciarsi nel mainstream, nascono case discografiche più o meno professionali e si organizzano tour sempre più estesi. Anche la stampa e i mass media iniziano ad aver un certo interesse verso questo nuovo mondo che si sta affacciando anche in Italia.
Nel 1997 esce Hai Paura del Buio ed è la summa dell'estro artistico creativo di Manuel Agnelli, cantante, chitarrista e leader della band milanese che più di ogni altra riuscirà nell'intento di imporsi al pubblico di ogni estrazione.
Nelle 19 tracce che compongono questo album troviamo un compendio di rock distorto ma allo stesso tempo melodico dove i nomi sacri di Pixies, Nirvana, Sonic Youth  vengono citati per descrivere il vortice sonoro che caratterizza l'intero lavoro: mai prima d'ora una band italiana era stata cosi vicina per sonorità, mentalità ed attitudine ai mostri sacri d'oltreoceano, complice anche un songwriting basato sulla tecnica del "cut up",ovvero il tagliuzzare frasi di senso compiuto e rimescolare le parole per poterne dare molteplici significati.
All'interno di HPDB ci sono sfumature e contrasti, a partire dalla copertina dove un innocente sorriso è sovrastato dall'inquietante domanda che da il titolo al disco, mentre l'apertura minimale di 1.9.9.6. è squarciata da una bestemmia, incipit di rabbia che prosegue nell' inno generazionale Male di Miele, la "Smells like Teen Spirits" della band, ottimo compendio di rock abrasivo e melodia, caratterizzato dalla voce urlata di Agnelli che non si risparmia nemmeno nella successiva Rapace, altra hit di rara bellezza ed intensa rabbia.
verrò come un rapace
a mutilare la pace
dentro nel tuo cuore, eppoi
se vuoi la mia reazione
e sia

I momenti più tranquilli arrivano con l' oscura e morbosa Pelle,ballad intensa che richiama nel titolo l'highlight del disco: Vorrei una Pelle Splendida, canzone che avvolge l'ascoltatore nelle sue spire e lo ammalia con le sue melodie e la seducente poesia venata di sarcasmo nel denunciare i cosiddetti "per bene", schiavi del benessere e della superficialità delle cose.
Stringimi madre ho molto peccato
ma la vita è un suicidio l'amore è un rogo
e voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida
Senza un finale che faccia male
con cuori sporchi e le mani lavate
A salvarmi, vieni a salvarmi, salvami, bacia il colpevole
se dice la verità

Le scariche adrenaliniche figlie del punk le troviamo in Dea ( Territorial Pissings "de noantri"!!) e in Lasciami Leccare l'Adrenalina, provocatoria scheggia che bilancia in maniera perfetta le chitarre piene e la melodia, con un testo dotato di sarcastica cattiveria.
Forse non è proprio legale sai
ma sei bella vestita di lividi
mi incoraggi a annullare i miei limiti
le tue lacrime in fondo ai miei brividi

Una menzione merita anche Sui Giovani D'oggi ci Scatarro Su, rabbiosa polemica sulle generazioni odierne, figlie del consumismo e completamente prive di ideali. E' curioso che a distanza di vent'anni certe parole siano ancora cosi attuali.
Calzino bianco va commuovi d'onestà
Tronato tecnologico votato martire
Cambia la permanente in dreadlocks che ti cambia il cuore
Giocati l'anfibietto in tinta ti fa far l'amore
Ridai i soldi al tuo papà
Ridai i soldi al tuo papà
Sui giovani d'oggi ci scatarro su
Sui giovani d'oggi ci scatarro
Come pararsi il culo e la coscienza è un vero sballo
Sabato in barca a vela lunedì al leonkavallo
L'alternativo è il tuo papà
L'alternativa è il tuo papà
Sui giovani d'oggi ci scatarro su
Sui giovani d'oggi ci scatarro

La voglia di sperimentazione la troviamo in pezzi come Elymania,Senza Finestra e Punto G, che iniziano dove In Utero è stato forzatamente interrotto ( e si ancora loro...), ma anche nelle ballate pianistiche di Come Vorrei o Mi Trovo Nuovo affiora l'ennesima anima degli Afterhours, che mai come ora raggiunge un suono maturo ed adulto che va aldilà del pedissequo emulare i miti americani.
Come scrissi in un mio vecchio post sugli Afterhours, cosa sarebbe potuta divenire questa band se invece di nascere a Milano fosse stata di Seattle o Chicago. Purtroppo la loro italianità è stata un fattore limitante, ma c'è da dire che è una soddisfazione enorme avere nel nostro panorama e nella nostra piccola storia musicale una realtà come loro, spesso citati e lodati da bands come Afghan Whigs o personaggi carismatici come Mark Lanegan.
Un disco da riscoprire e sviscerare in ogni sua singola nota, l'opera grandiosa di un band che avrebbe meritato molto di più, ma che sicuramente si è tolta le sue soddisfazioni, grazie anche alla recente rimasterizzazione di Hai Paura del Buio con la comparsata di ospiti vari( Bennato, Greg Dulli,Mark Lanegan stesso,Giuliano Sangiorgi, Subsonica, Finardi e altri solo per citarne alcuni) su ogni traccia per rendere omaggio a questo pezzo di storia.
www.afterhours.it
Afterhours Facebook
Afterhours – Hai Paura Del Buio?

lunedì 1 settembre 2014

Water Shape The Black Rain (Atomic Stuff Records 2014)












Ecco un' altra produzione targata Atomic Stuff Records, piccola label italiana che sta compiendo parecchio movimento nel sottosuolo musicale tricolore puntando sempre più spesso su bands sconosciute ma molto interessanti.
Da pochi mesi è uscito questo secondo album dei The Black Rain, hard rock da Bologna che mi ha impressionato sin dai primi ascolti per la capacità di scrivere ottime canzoni dotate di tiro e melodia e soprattutto una versatilità che trascende i generi, spaziando dagli stilemi più classici fino ad abbracciare anche sonorità più attuali.
Infatti all'interno di questo disco possiamo trovare momenti più Anni Settanta come Mesmerize, che si regge su riff rocciosi e taglienti figli di quella pietra miliare chiamata Black Dog della premiata ditta Page & Plant, ma anche melodie più easy e veloci come She's So Amazing o Robert Johnson, potenti cavalcate che se fossero state incise nel periodo d'oro dell' hard rock/ AOR americano avrebbero fatto sfracelli.
Tutto qui vi starete chiedendo?e no invece ci sono alcuni episodi che meritano davvero molta attenzione, come Rock and Roll Guy, ballad che sa di polvere e asfalto, di sudore e fatica e che ti si appiccica addosso come un paio di vecchi jeans, talmente comodi che non vorresti mai farne a meno.
Times of Trouble è oscura, malinconica come solo Soundgarden e Temple of the Dog sapevano fare: il cantato di Mirko Greco trascende qualsiasi catalogazione regalandoci una prestazione ricca di sentimento e passione, elementi che raggiungono il loro zenit in Without Love, altra ballad che riesce davvero ad arrivare li dove deve colpire e cosa sarebbe potuta diventare se la produzione fosse stata davvero all'altezza di questa composizione.
Ebbene si, se devo trovare un difetto è proprio nella resa sonora, che se fosse stata più "potente" e meno ovattata avrebbe davvero regalato il top di capolavoro per questo album.
Il finale sorprende ancor di più con King of Stones, la traccia più sperimentale di tutto il disco, giocata su parti lente e stacchi più aggressivi, tutte nel segno di un hard rock oscuro che lambisce  territori quasi metal.
Una traccia da ascoltare e riascoltare più volte per carpirne al meglio le sfumature e gli ottimi inserti di chitarra presenti al suo interno.
In definitiva un ottimo lavoro che, nonostante le evidenti influenze musicali, riesce a stare in piedi da solo grazie a delle notevoli capacità compositive e ad un livello tecnico davvero alto, ma soprattutto è l'ennesimo segnale che in Italia ci sono band valide che meritano di uscire dall'anonimato e che meritano maggiori riconoscimenti.
www.theblackrain.com
https://www.facebook.com/pages/The-Black-Rain/137533619623054
The Black Rain – Water Shape



lunedì 11 agosto 2014

Magic Mountain Black Stone Cherry (Roadrunner Records 2014)












Tra gli esponenti della nuova scena hard rock USA i Black Stone Cherry sono forse tra i meno conosciuti, eppure sono on the road da almeno quattordici anni ed hanno già pubblicato quattro album e questo Magic Mountain è l'ultima fatica discografica.
Pur non inventando niente di nuovo, la band del Kentucky ci regala un 'ora di intenso e vitaminico hard rock che pesca a piene mani dai Seventies, dal southern e da quel sound "grunge" tanto in voga negli Anni Novanta.
L'opener Holding On to Letting Go parte con un attacco stoner da far sobbalzare dalla sedia qualsiasi fan dei Kyuss, per poi sfociare in un granitico hard rock fatto da riffoni e un bel solo di chitarra.
Ecco, non chiediamo chissà che cosa, ma solo ottima musica per distrarci e ricaricare le pile! Si perchè se cerchiamo intellettualismi o digressioni filosofiche, beh i BSC sono lontani da tutto ciò, consci del fatto che un pò di sano divertimento, della buona erba e dell'altrettanto ottimo bourbon possono renderti la vita davvero piacevole.
Ed ecco cosi le melodie ariose di Peace Pipe 
Fall down on a peace pipe
I just wanna make love I don't wanna fight
Oooh, see the world through different eyes
Fall down on a peace pipe
I just wanna make love I don't wanna fight
Oooh, I know the smoke would change your mind

 o la rocciosa Me and Mary Jane, che si installa nella mente in pochi ascolti

Me and Mary Jane got a thing goin' on, goin' on
Creepin' up slow, hangin' 'round my back door, my back door,
If we get caught, everyone'll see us stoned, see us stoned,
Me and Mary Jane got a thing goin' on, goin' on
We're livin' for a good time

C'è tempo anche per melodie più ariose, da airplay come in Runaway, che tocca pericolosi territori "nichelbeckiani"o Remember Me, ballad elettrica posta in conclusione come epitaffio finale di Magic Mountain, con un grande Chris Robertson che sfoggia un ottima prova vocale, ben supportato però da una band che dimostra di girare a mille e di esser pronta per il definitivo salto di qualità ed affiancarsi a realtà ben più celebrate come Alter Bridge o Nickelback.
La top song comunque rimane l'hard rock di stampo Eighties di Bad Luck & Hard Love, che racchiude in se tutto quello che si possa chiedere ad un brano rock: chitarre, potenza, ritmo e spensieratezza, oltre che un testo che sa di devozione verso uno stile di vita che va aldilà delle mode e del facile successo.

Walking barefoot down highway 61
Wolf is howling got me on the run
Muddy waters ringing in my ears
Feels like I ain't been home in years

Bad luck and hard love are tattooed on my spine
Black clouds and holy smoke fuel the train that I drive
Its my life and its one hell of a ride!

Thirteen miles from the Mississippi coast
I made some friends but they all were ghosts
I've been so lonesome you know that I could cry
I'm still haunted by Betty Paige's eyes

Bad luck and hard love are tattooed on my spine
Black clouds and holy smoke fuel the train that I drive
Its my life and its one hell of a ride!

www.blackstonecherry.com
https://www.facebook.com/officialblackstonecherry
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domenica 3 agosto 2014

Generator Bad Religion ( Epitaph Records 1992)












Gli Anni Novanta iniziano con una svolta epocale per i Bad Religion, ormai affermatisi come leader del movimento punk/hardcore californiano, grazie al filotto dei tre album precedenti che li ha fatti assurgere a ruolo di cult band.
Con Generator si assiste ad una svolta radicale nel songwriting della coppia Graffin-Gurewitz, rispettivamente voce e chitarra, che si dimostra sempre più proficua ed affiatata, tanto da scrivere alcuni tra i migliori pezzi di sempre.
Se il modus operandi della band, in precedenza, era quello di comporre brevi ma intense canzoni unendo l'immediatezza del punk/hardcore con la vena pop dei Ramones, ora viene affinata la tecnica, che porta a brani più complessi ed articolati, con assoli e cambi di tempo e cori e controcori sempre più presenti per rafforzare la componente melodica, sempre da considerarsi però in un ottica punk. Un discorso a parte meritano anche i testi, sempre un punto di forza della band, mai banali e scontati, ma che da questo album si rivelano ancora più profondi e lontani dai facili slogan di molte band dell'epoca, grazie anche alla forte impronta intellettuale di Greg Graffin, che proprio in quegli anni inizierà la sua carriera parallela come professore alla UCLA University di Los Angeles.
Si parte con la title track, forse il miglior pezzo mai scritto dai Bad Religion, veloce, diretta, in un continuo crescendo che raggiunge il suo climax nel chorus, che si stampa in testa fin dal primo ascolto.
Il testo è una sottile metafora sull'eterno conflitto che attanaglia l'uomo, diviso tra la razionalità della scienza e il dubbio che ci sia qualcuno o qualcosa al di sopra delle parti che muove il tutto...davvero argomenti lontani dal "I Don't Care" sempre ostentato dalle schiere punk di quegli anni.

Like a rock,Like a planet,Like a fucking atom bomb,I'll remain unperturbed by the joy and the madnessThat I encounter everywhere I turnI've seen it all beforeIn book and magazinesLike a twitch before dyingLike a pornographic seaThere's a flower behind the windowThere's an ugly laughing manLike a hummingbird in silenceLike the blood on the doorIt's the generatorOh yeah, oh yeah, like the blood on my doorWash me clean and I will runUntil I reach the shoreI've known it all alongLike the bone under my skinLike actors in a photographLike paper in the windThere's a hammer by the windowThere's a knife on the floorLike turbines in darknessLike the blood on my doorIt's the generator

Non dimentichiamo che l'anno prima gli USA entrarono in conflitto con l'Iraq nella prima Guerra del Golfo e di conseguenza molti musicisti si schierarono apertamente contro la politica di Bush Sr. Anche i Bad Religion non si tirano indietro ed in pezzi come Heaven is Falling o Two Babies in the Dark affrontano l'argomento bellico. Se la prima attacca Bush senza mezzi termini
As I walk beneath the valley
I shall fear no evil
For thanks to King George and his rainbow cabinet
Today murder is legal
God I know that it's wrong
To kill my brother for what he hasn't done

la seconda è una toccante storia di una giovane madre che cerca di rassicurare la sua prole spaventata dall assenza del padre impegnato nel conflitto a migliaia di chilometri da casa.
So don't be scared tonight
Because Raggedy ann is in the closet picking posies
Two babies in the dark
Like diamonds in the sand

While pap's far away making children's stories
The little one's inside
So afraid to be alone
She's trying to brave until the daddy comes home

Il primo singolo estratto(e dal quale fu girato un video) fu Atomic Garden, altra missiva antimilitarista che si scaglia in particolare contro i due poli artefici della Guerra Fredda, Usa e Urss, vero spauracchio per le giovani generazioni di quegli anni.
Il resto dell'album non è da meno e ci troviamo dinnanzi a pezzi destinati a diventare dei classici nei setlist della band, come No Direction (un invettiva contro i teenager schiavi di moda e falsi miti dettati dalla TV e dalla nascente emittente di MTV) o The Answer, a mio avviso il miglior pezzo del disco, secondo solo alla titletrack.
Una song molto lontana dai canoni punk, più legata al rock tradizionale, ma non per questo meno carica di significati e passione: Graffin supera se stesso in fase di songwriting, elaborando le sue teorie agnostiche nell' eterno conflitto tra scienza e religione, nella ricerca personale ed intima dell'esistenza di una risposta ai mille quesiti che da sempre attanagliano l'esistenza umana.

Long ago in a dusty villageFull of hunger, pain and strifeA man came forth with a vision of truthAnd the way to a better lifeHe was convinced he had the answerAnd he compelled people to follow alongBut the hunger never vanishedAnd the man was banished
And the village dried up and diedAt a time when wise men peeredThrough glass tubes toward the skyThe heavens changed in predictable waysAnd one man was able to find
That he had thought he found the answerAnd he was quick to write his revelationBut as they were scrutinized
In his colleagues eyesHe soon became a mockeryDon't tell me the answerI've got ideas tooBut if you've got enough naiveteAnd you've got convictionThen the answer is perfect for you
An urban sprawl sits choking on its dischargeOverwhelmed by industrySearching for a modern day savior from another placeInclined toward charityEveryone's begging for an answerWithout regard to validityThe searching never endsIt goes on and on for eternity

Con Generator i Bad Religion faranno il salto di qualità, nonostante molti fan della prima ora storceranno il naso per l'eccessiva commercializzazione della loro musica(firmeranno l'anno successivo per la Sony), accusandoli di aver snaturato il loro sound veloce ed immediato. A mio avviso questo è stato il primo passo verso una evoluzione che li ha portati ad essere i portabandiera del movimento punk rock che nella seconda meta degli Anni Novanta ha invaso classifiche e soprattutto ha cambiato la vita a migliaia di teenager di tutto il mondo insieme a Green Day, Offspring , NOFXe Rancid.



sabato 5 luglio 2014

Temperance Movement The Temperance Movement (Earache Records 2013)












Per la serie corsi e ricorsi storici, da qualche anno a questa parte stiamo assistendo ad un ritorno a sonorità vintage, figlie degli Anni Settanta, di quell'hard rock sincero e sanguigno che ha fatto scuola e basti pensare a nomi come Rival Sons, Scorpion Child, Wolfmother o i Black Star Riders per creare un vero filone di musica per nostalgici.
Aggiungerei anche questi The Temperance Movement, band scozzese che sta alimentando le speranze dei rockers di oltremanica e non solo, tanto da essere messa sotto contratto dalla Earache Records, label storica specializzata in metal estremo, ma che negli ultimi anni sta ampliando i propri orizzonti.
Questo loro debutto, segue l'EP apripista Pride del 2010 ed è formato proprio dai cinque pezzi di quell' esordio più altri brani inediti, in bilico tra hard rock, southern e soul, magistralmente interpretati da questo nugolo di musicisti, abbastanza scafati nei meandri della musica rock ( c'è chi ha fatto il turnista per Jamiroquai ed i Deep Purple, mentre il cantante è l'ex voce dei Reef, hard rock band anni Novanta), che hanno scelto di unirsi sotto questo curioso monicker ( The Temperance Movement era un movimento proibizionista inglese dei primi del secolo scorso) e candidarsi come la prossima "next big thing".
L'opener Only Friend è massiccia nel suo guitar riffing e spazia tra il southern ed il soul e non possono non venire in mente i Black Crowes di Amorica, grazie anche alla voce calda ed intensa di Phil Campbell, ma è sulle ballad che i Nostri si giocano le carte migliori: Pride, Chinese Lanterns, Lovers and Fighters, Smouldering e Serenity sono tutti brani di atmosfera, giocati su toni soffusi dove la voce e il meraviglioso lavoro di fino delle chitarre creano atmosfere incredibili. Ogni band che si rispetti ha scritto ballad o pezzi lenti, ma per rendere un pezzo indimenticabile bisogna buttarci dentro l'anima e questi TTM di "soul " ne hanno da vendere.
Ad ogni modo non pensate che il lato soft sia la caratteristica principale di questa band, perchè quando questi ragazzi devono pestar duro e schiacciare sull'acceleratore non si tirano di certo indietro, basti pensare a Midnight Black, veloce e tirata (cosa sarebbe con una sezione fiati dietro a spingere su quel chorus!!), oppure a Take It Back con i suoi "ohoh oh oh" trascinanti (un pò come Chelsea Dagger dei Fratellis) o Be Lucky, altra gemma hard rock che farebbe impazzire i fan dei Free.
Ma l'highlight è Ain't No Telling, intensa con le carte giuste per passare alla storia, fatta apposta per chiudere un concerto e trasformare quei pochi minuti in un momento di estasi collettiva.
A differenza di tante meteore, questo disco ha almeno sei-sette brani potenziali singoli, che fanno venir voglia di ascoltarli e riascoltarli e non mi parrebbe strano se un giorno dovessero essere passati in rotazione su qualche radio rock.
Forse la prossima "next big thing" è davvero arrivata!
TTM Official Site
TTM Facebbok Page
The Temperance Movement – The Temperance Movement (Spotify)

martedì 17 giugno 2014

In Te Ho Sognato..In Te Spero di Morir Mosche di Velluto Grigio (autoprodotto 2014)












Rinasce sulle sponde del fiume Po, tra i suoi canneti ed ii filari di alberi, la tradizione folk italiana, un ideale ponte tra la Bassa Padana e la Verde Irlanda  che viene proposto dalle Mosche di Velluto Grigio, band che celebra il celtic folk (o anti folk come amano definirlo loro) tra poesia, rabbia ed alcol.
Avevo avuto modo di recensire il loro precedente EP ed ora, ecco tra le mani questo nuovo lavoro, dall'affascinante titolo "In Te Ho Sognato... in Te Spero di Morir", dodici brani che spaziano dal folk al punk con un occhio di riguardo ai testi che sfiorano il cantautorato e sanno ancora fare centro raccontando profonde storie che non mancheranno di lasciare il segno nell'ascoltatore.
L'intro The Bastards omaggia i Murphys più alcolici e sgangherati ed è un ottimo biglietto da visita delle MDVG che da qui in poi ci accompagneranno nel loro mondo, fatto di storie di strada, ricordi e personaggi lontani nel tempo che ricordano il Davide Van de Sfroos più intimo ed ispirato. Pezzi come Quell'Uomo a Varano o Il Capitano Jones sono affreschi intrisi di malinconia e ricordi che prendono vita grazie all'ottimo songwriting della band.
Ma c'è anche un'animo combat e ribelle, quello dei pugni chiusi in cima alle barricate come in 25 Aprile, belligerante ed anthemica che affonda i denti e le unghie nella memoria storica oppure in Gli Spari su Londra dove fa anche capolino il sax, strumento un pò atipico per questo genere, ma che conferisce alla band più spessore ed anche originalità.
Uno degli highlight del disco è Dolcissima Strega del Mare,  intensa e struggente ballad dai toni noir che mi ricorda molto i "sea shanties" del tempo che fu. Qui le liriche fanno davvero la differenza conferendo un aurea poetica e malinconica a questa splendida canzone.
Ci sono anche pezzi cantati in inglese, piccole schegge folk come A Long Lament for an Old Friend o Maggie Dickson's Pub che sa sconfinare in territori quasi reggae.
Con Occhi Chiusi da Un Pò si giunge verso la conclusione ed i Nostri si cimentano con successo nel creare la loro "and the Band Playing Waltzing Matilda", tanto crepuscolare quanto solenne nel suo incedere finale.
Andate a scoprire questa realtà tutta italiana, ascoltando la loro musica vi sembrerà di sorseggiare un buon whisky delle Highlands, forte e brusco al palato, come il vento che spazza quelle lande, ma che una volta assaporatolo per bene darà calore e conforto al vostro cuore solitario.
http://www.moschedivellutogrigio.com/
https://www.facebook.com/pages/Mosche-di-Velluto-Grigio/191635417517388
Spotify

martedì 27 maggio 2014

It Doesn't Work Yerbadiablo (Atomic Stuff Records 2013)












Yerbadiablo...ammetto che, in principio, un nome così mi ha fatto pensare subito a torride sonorità desertiche, volumi saturi e progressioni devastanti tipiche dello stoner di fine Anni Novanta. Invece con mia grande sorpresa, mi ritrovo una band dedita ad eclettiche sonorità, che spaziano a 360 gradi e sono figlie di una mentalità e di una cultura che affonda le proprie radici nei Seventies.
Gli Yerbadiablo, provenienti da Bologna, sono al loro secondo album e per rendere meglio l'idea che si possa avere riguardo la proposta musicale,vi invito ad immaginare un'improbabile incontro tra Pink Floyd e Beatles, King Crimson e Stooges e Fleet Foxes e Queen of the Stone Age come riferimento per la musica attuale: in poche parole la band bolognese crea un sodalizio progressive-alternative che lascia davvero ben sperare.
Sin dall'opener Hemp Generation si tracciano linee space rock, con innesti di sax che tracciano percorsi quasi noir, ma andando avanti con l'ascolto delle altre canzoni risaltano anche tracce pop e folk come in Black Bird, dove i Beatles più psichedelici convivono con un anima pop rock. Inoltre la scelta di cantare sia in inglese che in spagnolo, da un tocco di originalità in più alla proposta degli Yerbadiablo, che non dimentichiamolo, danno molta importanza anche ai testi , sempre improntati all'attualità e all'impegno sociale, altra tipica caratteristica di molte band degli Anni Settanta (vedi gli Area per esempio).
Se in Habemus Punk esce l'anima più grezza e stradaiola della band è in Rattlesnake Tail in the Belly of the Whale, che convive la sperimentazione più folle, come se Frank Zappa avesse potuto jammare con i Primus di Les Claypool.
Il finale Pink Clous Purple Eyes invece ci porta in territori più rilassanti ed onirici, quasi a disegnare i paesaggi desertici che avevo citato in apertura, uno strumentale che rievoca le Desert Sessions di Josh Homme e che ci culla dopo un viaggio intenso che richiede parecchia dedizione.
Un buon lavoro che porterà parecchie soddisfazioni a questa nuova realtà underground italiana, una band che dimostra di aver le carte giuste per crescere ed espandere i propri territori musicali e,magari in futuro rendere più personale la propria proposta, per adesso ancora figlia di derivazioni musicali ancora evidenti.
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Atomic Stuff Records