lunedì 27 gennaio 2014

Lightning Bolt Pearl Jam (Monkeywrench Records 2013)













Un disco nuovo dei  Pearl Jam è, nel bene o nel male, sempre un evento vista la notevole importanza della band di Seattle nel panorama rock mondiale.
Se con il precedente Backspacer avevano dato l'impressione di esser tornati in carreggiata mostrando un lato diretto e senza fronzoli, le aspettative nei confronti del nuovo album erano davvero alte.
 E quindi la domanda sorge spontanea, com'è questo Lighning Bolt?
Ecco, dal mio punto di vista è un disco che nulla toglie e nulla aggiunge alla discografia (ed alla carriera) della band di Vedder e soci. Ormai si può dire con assoluta certezza che i Pearl jam siano entrati nella terza fase della loro carriera, dopo essersi lasciati alle spalle i dischi "dorati" del filotto Ten-Versus-Vitalogy e la stabilità di grandi album come No Code e Yeld e dopo aver smaltito la seconda fase di veemenza sociale, impegno politico e un tentato suicidio commerciale con Binaural e Riot Act, sono entrati nella tranquillità della vita da rockstar di mezza età, con la voglia di solcare mari tranquilli ed approdare a porti sicuri dove poter continuare ad intrattenere il proprio pubblico senza particolari sussulti.
Certo i tempi cambiano e quel malessere da ventenni eroi del grunge si è dissipato in favore di vite stabili e famiglie solide, dove le riflessioni di Vedder si concentrano sulla paura di perdere tutta questa serenità che si è creato. Lo testimoniava Just Breath nel disco precedente e in Lightning Bolt viene rimarcato dalla ballad Sirens, forse il vero highlight dell'album, dove lo stesso Vedder si lascia andare ad una interpretazione magistrale  resa perfetta da ottimi arrangiamenti dal vago sapore pop.
Ad ogni modo la band gira bene e in tutto l'album svolge il suo compito alla perfezione anche se a volte il tutto sembra scontato ed a volte forzato( il punk di Mind Your Manner lascia un pò il tempo che trova), ma signori stiamo sempre parlando dei Pearl Jam, non dell'ultima band di collegiali pompata da qualche talent show.
Ecco quindi il garage rock di Getaway, le rarefatte atmosfere di Pendulum, il blues di Let the Record Play, il folk condito di ukulele, l'ultimo vezzo di Vedder, di Sleeping by Myself e i pezzi migliori del lotto, guarda caso poste in chiusura, ovvero le ballad Yellow Moon e Future Days, cosi diverse tra loro ma allo stesso modo così intense nella loro maniera più viscerale.
Sapete qual'è il paradosso di tutto questo? Che i Pearl Jam con i loro album più recenti sono diventati l'ultima vera rock band del pianeta, quella che ancora non vuole vivere di ricordi del passato, ma che raccoglie ancora grandi masse ed offre spettacoli tutt'altro che scontati.
Non è una stroncatura questa, ma è solo l'ennesimo tassello della vita di una band che tra alti e bassi è ancora viva ed è sempre un faro (Lightning Bolt!) per migliaia di fans in tutto il mondo.
www.pearljam.com
pearljamonline-Il sito ufficiale del fan club italiano
Pearl Jam – Lightning Bolt

venerdì 10 gennaio 2014

Revelations Loud Nine (autoprodotto 2013)












E' di pochi giorni fa la polemica che vede coinvolto il regista livornese Paolo Virzì per alcune sue frasi che descrivono la Brianza come una terra popolata da avidi squali divisi tra lavoro, denaro e ville bunker avvolte nella nebbia. Molto probabilmente il buon Virzì non sa che negli ultimi anni la Brianza ha regalato un attiva e proficua scena musicale indipendente che vede coinvolti molti nomi, locali e uscite discografiche originali e di ottimo livello.
E' il caso dei Loud Nine, giunti al secondo album, rigorosamente autoprodotto che fa da seguito al debutto Golem(2009), un ottimo disco di stoner/ rock and roll che faceva ben presagire sul futuro della band.
Con questo Revelations i Nostri, oltre ad ampliare la line up a due chitarre, confezionano un lavoro molto elaborato e professionale, a partire dalla cover e dal booklet interno, fino alla parte musicale con brani molto elaborati e ben strutturati ed un occhio particolare verso gli arrangiamenti.
Le linee guida della proposta musicale riprendono le nuove tendenze in ambito alternative/metal d'oltreoceano e mi vengono in mente gli ultimi Mastodon ,i Queens of the Stone Age o i Foo Fighters di Dave Grohl, ma questi paragoni non devono fuorviare sulla qualità di questo album, formato da brani che stanno in piedi da soli,caratterizzati da una forte personalità e da un suono che rende i Loud Nine perfettamente riconoscibili ed originali.
Lo strumentale Locomotive è il preludio per una pioggia di riff heavy e pastosi come in Carson e Platinum, soprattutto quest'ultima con un finale esaltante con le chitarre che si intrecciano in linee melodiche assolutamente coinvolgenti. La voce è aggressiva e conferisce toni molto vicini al  groove del metal, tanto che in molti passaggi mi sembra di sentire quelle sonorità che fecero successo in Scandinavia un decennio fa (Sentenced su tutti).
Zeta è un lungo brano molto articolato che racchiude tutte le caratteristiche della band: tecnica, potenza e melodia, quest'ultima componente la fa da padrone in Burn, ottima presentazione nel primo video della band.
Anche la titletrack è una elaborata e complessa song che merita ascolti approfonditi per poter carpire appieno tutte le sfumature, mentre la chiusura è riservata ad Hurricane, un'esperimento acustico che riporta in mente le Desert Session al Rancho de la Luna di Josh Homme.
Insomma le potenzialità per crescere ed esplodere i Loud Nine le hanno, speriamo che trovino una line up stabile ed un contratto discografico che garantisca loro più visibilità  e possibilità di suonare in giro.
Nel frattempo procuratevi questo Revelations e ascoltatelo a tutto volume! Non ve ne pentirete!
Official Site
https://www.facebook.com/LoudNine
Loud Nine – Revelations (spotify)