martedì 22 aprile 2014

Let's Do It Again Giuda (Fungo Records 2013)












Devo dire che ho sempre provato un senso di nostalgia e di invidia verso la Londra Anni Settanta con quel immaginario fatto di tamarissimi lustrini glam, canzoni da jukebox da cantare a squarciagola al pub dopo svariate pinte trascinati dai loro "stomping rhythm", senza dimenticare le terraces degli stadi inglesi, con la folla che ondeggiava e cantava senza sosta, magari infagottata con enormi sciarponi a righe e gli immancabili "boots" ai piedi, i giocatori in maglia stretta con basettoni enormi e capigliature lungocrinite, cosi lontani dai divi "plastificati" dei giorni nostri.
Tutto questo preambolo per presentare i Giuda, band romana, che con questo secondo album ci riprova a riportare la macchina del tempo indietro di quasi quarant'anni, epoca dove dominavano Gary Glitter, Marc Bolan, il pub rock con Sweet e  Slade con le loro hit da classifica per far ballare e saltare generazioni intere di teenagers.
Let's Do It Again è il secondo album, un lavoro che sta riscuotendo grandi successi non solo in Italia, ma anche in Europa, perchè la proposta dei Giuda è dannatamente valida, fatta da musicisti che credono fino in fondo in quello che fanno e che curano la loro proposta fin nei minimi particolari, dalla cover dell'album (imperdibile il vinile!), fino alla registrazione, rigorosamente in analogico con strumenti volutamente vintage Anni Settanta.
Le dieci tracce che compongono il disco sono veri e propri inni, a partire dal singolo, Wild Tiger Woman, opener dell'album, perfetto nella sua semplicità che colpisce lo stomaco e le palle dell'ascoltatore.
Con Yellow Dash si rispolverano i chitarroni "tamarri" di Marc Bolan ed i suoi T. Rex, mentre Get That Goal è fatta da cori da stadio e battimani, a sottolineare ancora una volta il connubio tra musica e calcio, altra grande caratteristica della cultura british.
Teenage Rebel è un altro anthem perfetto, irresisitibile come lo è Hold MeTight che chiede solo di essere imparata a memoria e cantata senza freni.
Le indiavolate Rave On e Get on The Line sono figlie dei primi AC/DC, quelli di High Voltage e TNT, scosse di irrefrenabile rock and roll, semplice, diretto ed immortale!!
Se mai ci dovesse essere un Diluvio Universale nel panorama rock odierno, vorrei che tra le 40 bands superstiti trovassero posto i Giuda con il loro sound volutamente retrò ma splendidamente sincero e travolgente.
Provate a mettere sul piatto questo disco o concedervi una serata sotto palco con i Giuda e vedrete che non riuscirete a stare fermi per più di due secondi per trovarvi sudati e felici dopo esservi sgolati al grido di "Come On Giuda, Get That Goal!!"
www.giuda.net
https://play.spotify.com/artist/1h4q
https://www.facebook.com/pages/Giuda/162619653788119

lunedì 7 aprile 2014

Leave it Behind The Peawees (Wild Honey Records 2011)












Sono passati davvero tanti anni da quando, per la prima volta; ascoltai la band spezzina dei Peawees: erano gli anni Novanta e giravano i loro primi sette pollici, le loro prime apparizioni alle compilation punk e nelle scalette dei concerti  italiani. I loro album erano incendiari ed oltre alle influenze "ramoniche", vi si potevano trovare tanti riferimenti al rock and roll dei tempi d'oro.
Ma è con questo Leave it Behind che i Nostri fanno finalmente il salto di qualità, che dovrà permettere loro di farsi conoscere ben oltre la cerchia degli "aficionados" dei tre accordi e via.
LIB è un disco maturo, adulto, ricco di energia e splendidamente vintage, uno sguardo al passato, al Rock and Roll degli Anni Cinquanta, ma anche al Soul ed al Rhythm and Blues dei Sixties,senza dimenticare le svisate garage/protopunk della Detroit Rock City.
In questi solchi Hervè Peroncini ed i suoi boys hanno superato se stessi, trovando finalmente il giusto sound, che da anni inseguivano, impomatando di brillantina il loro punk rock, un pò come fecero i Clash  o i Social Distorsion anni prima, inseguendo le polverose highway americane per perdersi in qualche fumosa bettola, suonando un rock and roll sudato, caldo e maschio.
Il quartetto iniziale Food for My Soul-Gonna Tell-Memories are Gone e Don't Knock at my Door hanno il potere di stendere chiunque, far muovere i piedi e battere il cuore, grazie a quelle ritmiche sincopate, alle chitarre sferraglianti e a quelle backing vocals femminili che mi riportano alla mente i Commitments di Alan Parker.
Digging the Sound è working class e trasuda la rabbia black di chi cerca il proprio riscatto.

I don't know why but i got into a fight
I gave and got and i still don't know why
My face was bleeding and i couldn't see
Then i cleaned up now thats where i am

Is that you?
Got a broken nose, so desperate
Now my world is just a mess because of you
You are my angel
yeah, you were my angel and now you are gone
Took my bleedin' face to the car
Someone asked if everything was alright
I said yes cause i had all i wanted
Cause i was diggin' the sound


cosi come lo sono le atmosfere di Good Boy Mama, ritmi soffusi per una hard ballad che parla di guai e tempi duri.
Danger è puro garage'n'roll e otterebbe la benedizione di Iggy Pop ed i suoi Stooges, mentre il finale è puro amarcord  Anni Sessanta, con Count me Out, con le sue melodie da "rebel without a cause" che potrebbero far piangere od innamorare. A voi la scelta.
Per quel che mi riguarda questo album è davvero un capolavoro, un salto di qualità impressionante per una band che non guarda più da diversi anni alla scena italiana, ma vive proiettata all'Europa ed alle vicende a stelle e strisce.
Da ascoltare e riascoltare per imparare una grande lezione di storia!!!
www.thepeawees.it
https://www.facebook.com/thepeawees
Peawees – Leave It Behind